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Nel negoziato europeo sul budget, l’Italia ci guadagna. Ma non è una buona notizia

David Carretta

Risparmieremo un miliardo. Ma "con il trend attuale tra sette anni saremo superati dalla Repubblica ceca"

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Bruxelles. Se tutto andrà secondo i piani, Giuseppe Conte riemergerà dal Consiglio europeo sul quadro finanziario pluriennale dell’Ue trionfante: l’Italia, a differenza di quasi tutti gli altri stati membri, vedrà diminuire il suo contributo netto al bilancio comunitario 2021-2027. Il presidente del Consiglio celebrerà le grandi capacità della diplomazia italiana e il lavoro del ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola, e spiegherà che l’Italia fa sentire tutto il suo peso in Europa giocando un ruolo di dialogo costruttivo.

 

I diplomatici italiani hanno effettivamente lavorato duro durante le trattative che hanno preceduto il Vertice straordinario. Alcuni argomenti sono stati presi in conto dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella bozza che sottoporrà oggi ai capi di stato e di governo. Ma le ragioni del trionfo sono altre: se l’Italia ci rimetterà meno degli altri, è perché è diventata un paese più povero rispetto al resto dell’Unione europea. Il calcolo è meccanico molto più che diplomatico o politico. I contributi nazionali al bilancio europeo sono calcolati in base al Reddito nazionale lordo, una misura simile al pil che nel caso italiano non è ancora tornato ai livelli pre crisi, quando le altre economie europee sono tornate a correre. Le risorse della Politica di Coesione vengono distribuite prioritariamente alle regioni più povere e quelle italiane del sud si sono impoverite, mentre quelle dell’Europa dell’est o di Spagna e Portogallo si sono arricchite. Risultato: il saldo netto annuale negativo per l’Italia dovrebbe ridursi, quando quello degli altri contributori schizzerà verso l’alto a causa del buco di bilancio creato dalla Brexit.

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Nelle dichiarazioni ufficiali l’Italia continua a chiedere un bilancio europeo più consistente, in particolare per finanziare le nuove politiche (Green Deal, Digitale e Difesa) senza sacrificare quelle tradizionali (Agricoltura e Coesione). Lo strumento dovrebbero essere le “risorse proprie”, come la tassa sulla plastica (prevista nella proposta Michel) o sulle transazioni finanziarie (esclusa). Nella bozza del presidente del Consiglio europeo “registriamo certamente qualche progresso ma di ambizione ne vediamo ben poca”, ha detto ieri Conte in Senato. Lo stesso messaggio era stato inviato lunedì dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: “Non ci sembra che la proposta presentata da Michel abbia il grado sufficiente di ambizione”. Lo stesso giorno Amendola aveva spiegato che la bozza Michel era “inadeguata”. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non si è espresso, ma gli archivi delle agenzie conservano le sue minacce di veto nel 2018. Manovra, quota 100, reddito di cittadinanza o migranti: quando governava con Matteo Salvini, per Di Maio ogni occasione era buona per dire: “L’Italia porrà il veto sul nuovo bilancio pluriennale europeo” perché “la linea morbida con l’Europa non ha funzionato e ora comincia la linea dura”.

  

Ieri Conte è passato dalla minaccia di veto anti Ue a quella pro Ue. “Non siamo disposti ad accettare in nome di una rapida conclusione del negoziato un bilancio insufficiente” perché sarebbe “una sconfitta della stessa idea di Europa”, ha spiegato il presidente del Consiglio. In realtà, i diplomatici italiani hanno tenuto un profilo basso nei negoziati delle ultime settimane. “All’Italia va bene così”, dice una fonte europea. Secondo alcune simulazioni, l’Italia dovrebbe incassare un paio di miliardi in più dalla Coesione, quando quasi tutti gli altri subiranno un taglio (la Polonia oltre 20 miliardi). Sulla Politica agricola comune, i danni sono stati limitati e i fondi potrebbero perfino aumentare, nonostante una riduzione generalizzata a livello europeo. Il contributo nazionale calcolato sul Reddito nazionale lordo si abbassa grazie alla Brexit: l’Italia risparmierà un miliardo grazie alla fine del “rebate” (sconto) del Regno Unito. La battaglia di Conte nelle prossime ore sarà di evitare di dover finanziare i “rebate” per Germania, Danimarca, Olanda, Svezia e Austria. Ma l’eventuale vittoria sui saldi è il riflesso dell’indebolimento economico del paese. “Se il trend attuale sarà mantenuto – spiega al Foglio un funzionario comunitario – tra sette anni l’Italia sarà superata dalla Repubblica ceca, forse anche da altri paesi dell’est. Da contributore netto al bilancio Ue, l’Italia diventerà un beneficiario netto perché si è impoverita”.

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