Anne Hidalgo (LaPresse)

“La città dei quindici minuti”. Il progetto per Parigi della Hidalgo

Mauro Zanon

Il programma elettorale del sindaco della capitale è tutto vivibilità e ambiente. Da dove l’idea e le alternative degli sfidanti

Parigi. Addio agli interminabili tragitti in metro, all’autobus che non arriva mai, addio alle traversate di un’ora per andare a distendersi in un parco, alle corse per vedere una pièce a teatro, per portare i figli a scuola o per provare quel ristorante di cui tutti parlano: i servizi necessari per mangiare, divertirsi, coltivare la propria sensibilità artistica, ma anche lavorare saranno a quindici minuti di distanza, a piedi o in bicicletta, nella Parigi del futuro immaginata dalla sindaca socialista Anne Hidalgo.

 

È la “Ville du quart d’heure” il concetto faro della sua campagna elettorale, la colonna vertebrale di un progetto di riorganizzazione urbana che, in caso di vittoria fra un mese alle elezioni amministrative, trasformerebbe Parigi in una delle città più ecosostenibili e innovative d’Europa. “Cos’è la città dei quindici minuti? È la città delle prossimità, dove si trova tutto ciò di cui si ha bisogno in meno di quindici minuti da casa propria. È la condizione necessaria per la trasformazione ecologica della città, che migliorerà al contempo la vita quotidiana dei parigini”, ha spiegato la Hidalgo, che ha sposato il concetto dal professore della Sorbona Carlos Moreno, esperto di crono-urbanismo. L’iperprossimità è la base per conciliare lo sviluppo irreversibile del mondo urbano e la ricerca di un’alta qualità di vita. Ogni persona, nell’idea di “Ville du quart d’heure”, deve poter accedere alle funzioni sociali di base all’interno dei propri quartieri.

 

Il progetto è rivoluzionario, ma si iscrive in una visione green e sostenibile delle metropoli del futuro che l’attuale sindaca ha già incarnato nel corso del suo primo mandato, moltiplicando il numero di piste ciclabili (solo nel 2019, il numero di ciclisti è cresciuto del 54 per cento), favorendo la micro-mobilità dolce (Parigi è la capitale europea del monopattino elettrico) e aumentando gli spazi verdi in ogni angolo della città. In caso di rielezione, tuttavia, la trasformazione ecologica passerà a una velocità superiore: verranno piantate “foreste urbane” e creati “quattro nuovi parchi”; verranno installate “piste cento per cento ciclabili e verdi”, “riorganizzate” alcune grandi piazze e rimodellati gli Champs-Elysées per favorire la circolazione dei ciclisti; 60 mila parcheggi diventeranno spazi percorribili esclusivamente dalle biciclette e la realizzazione di aree verdi per l’agricoltura urbana permetterà di fornire prodotti locali ai vari quartieri. L’altro concetto chiave del programma della Hidalgo è il “lieu multi-usage”, il luogo polifunzionale.

 

Trovare molteplici usi per un edificio già esistente, come le scuole, le biblioteche, gli stadi e persino le discoteche, è un modo per migliorare la vita di quartiere e abbandonare l’idea di una “città frammentata”, percorribile solo in metro, secondo la Hidalgo. Le scuole, per esempio, potrebbero restare aperte nei fine settimana e diventare delle oasi verdi, dove leggere e rilassarsi, la stessa funzione potrebbe essere ricoperta dagli stadi, mentre le discoteche potrebbero fungere da palestre nel pomeriggio. Accanto a questi luoghi, la sindaca vorrebbe installare dei “chioschi” in ogni quartiere, dove i cittadini potranno condividere i loro servizi. Anche gli altri candidati al comune di Parigi, Cédric Villani (Vivons Paris), Benjamin Griveaux (La République en marche, che si è ritirato in seguito a uno scandalo sessuale ndr) e Rachida Dati (Les Républicains) hanno cercato e cercano di puntare sull’ambiente, ma sembrano più impacciati. Il programma ecologico di Villani sembra una brutta copia di quello della Hidalgo, la proposta di Griveaux di creare un “Central Park parigino”, spostando la stazione ferroviaria Gare de l’Est in periferia, aveva suscitato parecchie risatine, e l’unica idea interessante avanzata dalla candidata gollista è stata quella di ripulire i due “polmoni di Parigi”, Bois de Vincennes e Bois de Boulogne. Niente di rivoluzionario, insomma.

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