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L'ultima spiata atomica

Davide Bartoccini

Oscar Seborer, nome in codice Godsend, era la spia sovietica che ha rivelato a Mosca i segreti della “bomba A”. La sua identità era rimasta nascosta per oltre 70 anni

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Dopo oltre settant’anni, due appassionati signori che all’epoca degli eventi erano appena nati hanno gettato nuova luce sull’operazione di spionaggio che più delle altre ha contribuito a modificare gli assetti globali e il volto del mondo come lo conosciamo. È il 16 luglio del 1945 quando, nel deserto del New Messico, la prima detonazione nucleare della storia certifica ai piani alti di Washington che uno dei piani più segreti di sempre – il Progetto Manhattan – ha portato finalmente i suoi frutti: dopo cinque anni di programma e il doppio degli anni di teorie e ricerche gli americani hanno la bomba atomica.

   

Ora possono usarla per mettere la parola fine al secondo conflitto mondiale che ancora imperversa nel Pacifico, e attraverso la sua spaventosa potenza, vantare la supremazia negli armamenti in tutto il globo. Tuttavia qualcosa di insospettabile si stava verificando a Los Alamos: informazioni teoricamente coperte dal massimo livello di segretezza militare venivano trasmesse regolarmente oltre oceano per comunicare i progressi di quello che il Kgb aveva rinominato progetto “Enormous”. Appena 49 mesi dopo, i sovietici infatti poterono dimostrare al nuovo “avversario” di aver raggiunto la stessa capacità distruttiva, testando in Asia centrale una bomba al plutonio chiamata “Pervaja molnija”. Copia esatta di “Fat Man”: la bomba che con un colpo solo cancellò dalla faccia della terra Nagasaki.

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Per lungo tempo gli scienziati impegnati nel progetto Manhattan si domandarono come avessero fatto i russi a compiere dei progressi così veloci nel loro programma nucleare; finché non si apprese che a renderlo possibile fu una rete di spie sovietiche attive negli Stati Uniti e soprattutto a Los Alamos: il sito di massima sicurezza, dove tutto veniva segretamente annotato e riferito. Dentro muri di filo spinato presidiati notte e giorno da guardia armate.

  

Fino ad ora si era sempre creduto che le spie di Mosca implicate in questa vicenda fossero state tutte scoperte e arrestate già nei primissimi anni della “Guerra Fredda”. Il fisico Klaus Fuchs, principale fonte di informazioni del Cremlino, venne identificato e arrestato nel 1950. Poco prima erano finiti in manette Morton Sobell e David Greenglass, militare in servizio presso la medesima base di Los Alamos e che, in pieno clima di maccartismo, accusò e fece condurre sulla sedia elettrica i coniugi Rosemberg, suoi familiari.

  

Anni dopo invece, venne fuori che un’altra rete di spie, nota come il “gruppo dei Parenti” operava a Los Alamos, ma solo nei giorni scorsi gli storici americani Harvey Klehr e John Earl Haynes hanno rivelato in un articolo pubblicato dalla stessa Cia, di aver scoperto l’identità di un ultimo uomo che prese parte a questa grande operazione di spionaggio. C’era “una quarta spia sovietica a Los Alamos”, hanno spiegato i due autori dell’articolo, che incrociando alcuni documenti desecretati hanno scoperto come i nominativi citati combaciassero al punto da completare il puzzle. Il nome in codice dell’ultima spia era “Godsend”, letteralmente “mandato da Dio”, una vera manna per i vertici della Lubjanka.

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L’ultimo del “gruppo dei Parenti” – che ricorda la rete attiva in Gran Bretagna nota come i “cinque di Cambridge”, una delle più brillanti operazioni dello spionaggio sovietico – era un insospettabile giovanotto nato a New York City nel 1921; terzogenito di una famiglia di ebrei immigrati dalla Polonia, che rispondeva al nome di Oscar Seborer, e che, secondo lo studio condotto da Klehr e Haynes, studiò ingegneria elettrica prima di arruolarsi nell’esercito nel 1942. Sotto le armi lavorò dapprima nel braccio industriale del progetto nucleare americano, per poi essere trasferito a Los Alamos tra il 1944 al 1946. Nel 1945, era parte di un’unità che controllava “gli effetti sismologici della prima detonazione dell’ordigno atomico, e aveva accesso al sito di massima segretezza dal quale “trafugava” le informazioni fondamentali per la progettazione delle bombe nucleari, che poi avrebbe trasmesso insieme ai suoi fratelli agli agenti sovietici. Così ha permesso a Mosca di fare progressi inimmaginabili ed eguagliare gli americani nel campo di quel nuovo temibile armamento.

  

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Per l’Fbi i “parenti” si separarono nel 1951, quando Oscar e suo fratello maggiore Stuart – nome in codice “Padrino” – disertarono dagli Stati Uniti e si stabilirono in Unione Sovietica. Nel 1964 Oscar ricevette l'Ordine della Stella Rossa, prestigioso premio militare che coincide come riconoscimento per il servizio prestato. Il maggiore di tutti e tre, Max – nome in codice “Parente” – rimase in America.

 

Secondo i documenti desecretati dall’Fbi, in virtù del Freedom of Information Act, la giovane spia ha consegnato ai sovietici dati e formule, come ad esempio quella principale della “Bomba A”. Al tempo, ma anche a distanza di anni, l’Fbi non rivelò mai l’identità del “gruppo dei Parenti” – neanche dopo la scoperta della diserzione nel 1955 – poiché la loro identificazione era avvenuta per merito di alcune talpe del bureau che si erano infiltrate nel Partito Comunista attivo clandestinamente nel Stati Uniti. L’operazione era stata nominata dai federali “Solo” e non poteva essere compromessa.

  

I dossier dei federali desecretati nel 2012 non sono stati sufficienti, da soli, a verificare l’entità delle informazioni sottratte dai Seborer, e nemmeno a scoprire se Oscar, la manna, lavorasse per conto del Kgb, l’agenzia di spionaggio, e per il servizio informazioni militari sovietico, il Gru. Quello che hanno scoperto fino ad ora è che a un certo punto ”il Gru fu costretto a consegnare le proprie fonti al Kgb”. Questo significa che anche visionando i file della polizia segreta sovietica, non sarebbe possibile risalire alla reale entità di tutta l’operazione di spionaggio.

   

Oscar Soborer è deceduto ufficialmente nel 2015 a Mosca sotto il cognome fittizio di Smith. Nessuna informazione sulle ulteriori attività e sul destino del fratello maggiore che rimase negli Stati Uniti, Max, sono state rese note o sono accessibili.

   

Mentre attendono la declassificazione di ulteriori fascicoli governativi riguardanti la vicenda, i due storici americani hanno spesso provato a digitare un numero di telefono che secondo i tabulati apparterrebbe a Stuart Smith, il fratello mediano che dovrebbe esser ancora vivo e risedere a Mosca. Ma dall’altro capo del filo non ha mai risposto nessuno. È così che alla lunga lista di occhi e orecchie che i servizi sovietici hanno sempre mantenuto in Occidente; tra i Rosemberg e Rudolf Abel, tra i cinque di Cambridge, dove spiccò John Cairncross come decrittatore di Enigma e gola profonda sul programma nucleare britannico, si aggiunge il gruppo dei Parenti e il nome di Oscar Soborer. Nome in codice: “Godsend”.

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