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Il pivot ucraino

Anna Zafesova

Cosa ha detto Trump nella telefonata “inappropriata” a Zelensky? La pista che porta all’affossamento di Joe Biden

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Milano. Sembra che i guai per Donald Trump inizino sempre in Ucraina. Nel 2016, Paul Manafort, capo della campagna elettorale di Trump, fece a Kiev i contatti – e i debiti – che lo portarono poi sul banco degli imputati nell’ambito del Russiagate. Nella campagna elettorale del 2020 il luogo fatale potrebbe essere di nuovo Kiev, ma stavolta il protagonista sarebbe il presidente americano in persona. Che il 25 luglio ha telefonato al suo nuovo collega ucraino, Volodymir Zelensky, per congratularsi per la clamorosa vittoria alle presidenziali e alle parlamentari, per ribadire il suo sostegno all’Ucraina, e per esprimere la convinzione che “il nuovo governo sarà in grado di concludere le indagini sui casi di corruzione che hanno ostacolato la cooperazione tra Ucraina e Stati Uniti”. Questo è il contenuto della telefonata secondo il comunicato ufficiale della presidenza ucraina, ma il Washington Post sostiene che c’è stato molto di più. Secondo un altolocato “whistleblower”, un informatore dell’intelligence americana, durante la telefonata Trump avrebbe fatto a Zelensky una “promessa” talmente inquietante da spingere l’informatore a fare rapporto urgente al direttore della National Intelligence, Joseph Maguire, che ha però respinto la sua denuncia.

 

Il caso è ora finito al Congresso, dove Maguire dovrà testimoniare la settimana prossima. Di quale promessa si tratti, e in cambio di cosa, non viene specificato, ma molti osservatori a Washington hanno fatto due più due. A luglio Trump ha sospeso i 250 milioni di dollari di aiuti militari all’Ucraina, cruciali nel conflitto con la Russia nel Donbass. Pochi giorni prima a Kiev era apparso Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York e legale di Trump, a quanto pare – intervistato dalla Cnn, è stato contraddittorio nel negarlo e poi ammetterlo – per spingere un’indagine contro Hunter Biden, il figlio dell’ex vicepresidente americano che ha ricoperto posizioni in società ucraine. Chris Murphy, senatore democratico del Connecticut, ha messo l’indicibile sospetto in un tweet: “Ho incontrato il presidente Zelensky e abbiamo discusso l’improvviso taglio degli aiuti e le richieste inappropriate fattegli dalla campagna di Trump. La domanda che tutti facevano a Kiev è se queste due circostanze fossero legate”.

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Gli aiuti militari sono stati sbloccati il 12 settembre, grazie alle pressioni del Congresso, e sono stati anzi aumentati di altri 140 milioni. Kiev ieri ha fatto sapere di essere pronta a indagare su Hunter Biden, ma soltanto se riceve una richiesta ufficiale da Washington. I documenti sulle indagini contro la sua società di gas, Burisma, sarebbero già stati passati agli americani dall’ex presidente Petro Poroshenko. Riguardano soprattutto il 2015: Kiev era in guerra con la Russia, Joe Biden era il più alto in grado alla Casa Bianca a seguire il dossier, e suo figlio ovviamente non si sarebbe sentito rispondere no a nulla, ma per il momento a suo carico non risulta nulla che non sia un eventuale conflitto d’interessi, che comunque potrebbe venire usato contro suo padre se diventa il candidato democratico alla Casa Bianca. E l’allusione alle indagini da concludere potrebbe riguardare anche gli affari in America dell’oligarca Igor Kolomoysky, legato a Zelensky e mal visto in ambienti influenti di Wasghinton.

 

Il sospetto però è che la “promessa” di Trump – che lui ha negato in un tweet – possa essere molto più pesante. Zelensky è impegnato in una partita vertiginosamente complicata: rilanciare il suo paese, fare passi verso l’Ue e la Nato e soprattutto chiudere il conflitto nel Donbass, una condizione sine qua non per raggiungere i primi due obiettivi. Vorrebbe coinvolgere nel negoziato in “formato Normandia” anche Trump, per controbilanciare Emmanuel Macron e Angela Merkel, più inclini a pacificare Mosca, e avere una sponda alternativa nel negoziato sul gas con Mosca. La partnership con la Casa Bianca è di vitale importanza per gli ucraini, ma con questa Casa Bianca si è rivelata faticosa: finora Zelensky ha incassato l’entusiasmo di John Bolton, passato da Kiev prima di venire licenziato, e The Donald è stato a lungo evasivo sulla data di un vertice con il collega ucraino. Ieri è stato annunciato che si vedranno la settimana prossima a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, ma ora quella “promessa” che Trump avrebbe fatto a Zelensky rischia di trasformare la stretta di mano da storica in imbarazzante.

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