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Il fronte Tsipras (e oltre) marcia diviso alle elezioni europee

Gregorio Sorgi

Nella sinistra radicale ci sono grandi divergenze, inconciliabili. Alcuni esponenti ci spiegano perché

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Roma. Marciare divisi e colpire uniti. Questa è grosso modo la strategia della sinistra radicale in vista delle elezioni europee: ogni forza politica giocherà la propria partita e poi, eventualmente, le coalizioni si faranno in parlamento. L'idea di creare un fronte unico progressista contro la destra populista non è mai stata messa in pratica. Il filo diretto tra Emmanuel Macron e la sinistra europea si è raffreddato nelle ultime settimane e i problemi domestici del presidente francese sono solo una parte della spiegazione.

 

In realtà, una parte consistente della sinistra crede che una coalizione larga da Macron a Tsipras non sia praticabile. Il capo delegazione di Syriza al Parlamento europeo e vicepresidente dell'Aula, Dimitrios Papadimoulis, ha detto al Foglio che “con Macron ci sono delle convergenze sul tema dei diritti. Ma il nostro gruppo vuole ridurre le diseguaglianze e combattere contro il neo-liberismo. Macron su questo la pensa molto diversamente e lui è il primo a trascurare un'alleanza con la sinistra. EnMarche sta dialogando con Verhofstadt, che certo non è un socialista”. E tra gli esponenti di Gue/Ngl – il gruppo parlamentare che raggruppa partiti di sinistra, comunisti e verdi a Bruxelles – in molti pensano che un’alleanza unica anti-sovranista sia un clamoroso autogol.

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Questo il ragionamento: un'alleanza unica contro la destra rischia di trasformare le elezioni europee in un referendum sull'Ue, e il rischio è quello di perdere. L'alternativa più plausibile dunque è di andare ognuno per la propria strada, senza alcun vincolo politico. Nell'universo della sinistra europea ci sono diverse visioni sul futuro dell'Europa e un contenitore unico rischia di portare alla luce queste contraddizioni. La presidente del gruppo Gue/Ngl Gabriele Zimmer spiega al Foglio che “siamo divisi tra chi pensa di estendere la democrazia a livello europeo e chi, come i socialisti olandesi, è convinto di consolidarla solo a livello nazionale.” Questo rende molto difficile una coalizione pre-elettorale.

 

Lorenzo Marsili, cofondatore di Diem25, un movimento transnazionale guidato da Yanis Varoufakis, l’ex-ministro dell’Economia greco padre del referendum anti-euro, spiega al Foglio “che Jean-Luc Mélenchon, il leader della France Insoumise, ha un atteggiamento salviniano verso l'euro e i migranti. Podemos non ha una posizione sull'Europa. Noi invece abbiamo una linea chiara: siamo europeisti e anti–establishment. Se la sinistra vuole avere un programma comune non può tenere dentro tutto”.

 

I partiti sotto l'ombrello di Diem25 si presenteranno in 18 paesi europei e il loro candidato alla commissione sarà Varoufakis. In Francia si sono affiliati con Génération.s, il movimento fondato dall'ex candidato socialista alle presidenziali Benoît Hamon (prese il 6 per cento). In Polonia con Razem, che significa “Insieme”, ed è stato ribattezzato “il Podemos polacco”, e in Danimarca con Alternative, un partito ambientalista che ha avuto successo nelle scorse elezioni. In Italia ci sono dei contatti assidui tra Diem25 e l'ex grillino Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, e il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

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Potrebbe entrare a fare parte della coalizione anche +Europa, che è ancora indecisa su cosa fare in vista delle europee. Il deputato Alessandro Fusacchia, molto vicino a Emma Bonino, ha detto al Foglio che “ci sono delle sensibilità diverse nel partito sopratutto sui temi economici e sociali. Stiamo dialogando con molte forze politiche, tra i quali verdi, liberali e Diem25. La scelta finale la prenderemo nel congresso del partito che si terrà a gennaio. Naturalmente dobbiamo essere alternativi alla destra, però non possiamo essere visti come i protettori dello status quo. Vogliamo presentarci con un proposta politica nuova”.

 

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L'assenza di un candidato unitario per la sinistra è un rischio calcolato. La scommessa è che la somma di deputati eletti tra le diverse famiglie progressiste sia maggiore rispetto a un ipotetico fronte anti-sovranista. Il sistema proporzionale con il quale si svolgeranno le elezioni rende più facile questa strategia, anche se lo sbarramento al 4 per cento la trasforma in molti casi in una scommessa. Il progetto è quello di unire le forze dopo il voto. Papadimoulis spiega che “tra i progressisti ci sono tre famiglie politiche: i verdi, i socialisti e la sinistra.

 

È molto difficile concordare un programma comune prima delle elezioni, però bisogna assolutamente trovare le convergenze tra i diversi gruppi una volta in Parlamento per costruire una maggioranza contro la destra”. Un altro deputato riassume bene il messaggio: “L’importante è avere una maggioranza europeista in parlamento. Poi se c’è ne uno in più di Macron o di Varoufakis non importa nulla”. Syriza svolgerà il ruolo di pontiere tra la sinistra e il resto del fronte progressista. Il partito di Tsipras conferma di volere “continuare a fare parte della sinistra europea” però “allo stesso tempo teniamo dei rapporti molto costruttivi sia con i socialisti che con i verdi”.

 

Il prossimo congresso tra i partiti della sinistra si terrà a febbraio, ma fonti vicine a Zimmer confermano che “non verrà deciso né un programma né un candidato”. I conti si faranno in parlamento. I verdi e la sinistra europea contano più di 100 seggi e, vista la crisi dei partiti socialdemocratici, sono fiduciosi di guadagnarne altri a maggio. I loro voti potrebbero spostare gli equilibri in un’eventuale coalizione anti-sovranista, o così si augurano.

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