Scontri in Nicaragua (foto LaPresse)

La strategia del terrore in Nicaragua. Ancora sangue sul governo Ortega

Maurizio Stefanini

Più di 100 le vittime in sette settimane di protesta. Le autopsie rivelano una precisa tattica di intimidazione

“Sparano apposta alla testa, al collo e al torace. Daniel Ortega per mantenersi al potere sta mandando cecchini a far saltare il cervello a chi protesta per spargere il terrore”. Così denuncia l'opposizione in Nicaragua.

  

Sono ormai più di 100 le vittime, in sette settimane di protesta contro il governo. Ben 16 sono caduti mercoledì scorso, quando i sicari del regime si sono messi a sparare contro una “Marcia delle Madri” organizzata per solidarietà con le donne che avevano avuto i figli uccisi in precedenti manifestazioni. Altri 6 sono caduti sabato nella città di Masaya, con la polizia che ha preso d'assalto una chiesa dove alcuni manifestanti avevano cercato rifugio. “Basta violenze, la Chiesa è sempre per il dialogo”, ha esortato Papa Francesco durante l'Angelus di domenica. Ma i vescovi del Nicaragua hanno ormai sospeso la mediazione tra il governo e una società civile che ormai non si accontenta più del ritiro di alcune misure impopolari in campo previdenziale e sanitario, ma chiede innanzitutto un ripristino delle condizioni di pluralismo democratico che Ortega ha da tempo fatto venire meno con un processo elettorale se possibile ancora più fraudolento di quello del suo amico Maduro in Venezuela. E poi, sempre più, le dimissioni dello stesso Ortega.

  

  

Lo stesso Parlamento europeo ha condannato la “brutale repressione e l'intimidazione dei pacifici manifestanti in Nicaragua” e ha chiesto “elezioni credibili”, in una risoluzione non legislativa approvata con 536 voti favorevoli, 39 contrari e 53 astensioni. “Il dialogo è impossibile fino a quando il popolo continua a essere represso e assassinato da gruppi vicini al governo”, hanno denunciato i vescovi. “State in casa, ci sono franchi tiratori che sparano contro la gente in strada”, è arrivato ad avvertire il vescovo ausiliare di Managua, Silvio José Báez.

   

Adesso, appunto, le autopsie delle vittime stanno rivelando una precisa strategia di intimidazione. Quasi tutte le foto di cadaveri che arrivano dal Nicaragua, in effetti, mostrano teste scoppiate e cervelli di fuori: immagini che non pubblichiamo perché troppo brutali. Molti familiari e testimoni hanno concordato sul fatto che i caduti non sono morti nella concitazione dello scontro, ma centrati da lontano con tiri precisi. Adesso che stanno venendo fatte le autopsie i medici confermano che si tratta di una scelta voluta. “Le tomografie dimostrano che chi ha preso la mira aveva esperienza nell'uso di armi da fuoco e voleva produrre appunto effetti del genere”, denunciano a #SOSNicaragua. Come ha spiegato un medico in condizioni di anonimato, “è un triangolo della morte: testa, cervicale e torace. Niente fuoco di dissuasione. Diretto a uccidere. Non stanno usando armi da 9 millimetri, sono fucili da guerra”.  E le tomografie dimostrano anche che la mira è stata presa da “posizioni privilegiate”. Appunto, cecchini appostati. Come in guerra.

 

 

“Si confrontano un regine armato capace di assassinare in quantità donne e bambini con un popolo disarmato”, commenta al Foglio il costituzionalista Gabriel Álvarez. “Il regime è ferito a morte ma ha ancora una feroce capacità letale”. “È Ortega che sta ordinando questi omicidi”, denuncia Bianca Jagger: la famosa attivista nicaraguense già moglie del leader dei Rolling Stones, testimone degli eventi in una delegazione di Amnesty International. Anche la Commissione Interamericana dei Diritti Umani parla di “esecuzioni extragiudiziali”. “Accuse demenziali” risponde il governo di Ortega, mente i comandi dell'esercito dopo essersi rifiutati di partecipare alla repressione si premurano di far sapere: “Non siamo stati noi”.

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