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Disordine senza frontiere

Si eclissa la politica di potenza come fattore di equilibrio, si svalutano confini ed eserciti. E’ guerra mondiale a pezzi, dice il Papa. Ma solidarietà e misericordia non sono l’esito scontato. Sud del mondo e risveglio islamico.
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Le formule, in particolare le formule politiche o geopolitiche, sono sempre un po’ vacue. La “fine della storia” e lo “scontro di civiltà” non fanno eccezione. Dicono troppo, spiegano troppo, concludono troppo da premesse instabili e in movimento. Tuttavia si può negare che i mercati mondiali aperti abbiano indirettamente realizzato il sogno antico e rinascimentale della monarchia universalis, da Roma a Carlo V? Tramonta mai il sole sull’impero anonimo della finanza e dello scambio? La storia è dinamica, frammentazione, ricomposizione, ma ora vediamo un elemento sferico, planetario, che unifica il tempo e le forme di vita attraverso la tecnologia, la comunicazione e il dislocamento universale di uomini e merci. E che senso hanno più le frontiere e le identità? Le civiltà sono a contatto, scivolano le une nelle altre, da oriente a occidente, da nord a sud, e l’ipotesi di un loro scontro, di un incastro senza soluzione combinatoria, non equivale a quella di una loro convivenza multiculturale e interreligiosa. Non equivale, oggi. Prevale.

 

Papa Francesco vede una guerra mondiale a pezzi. Presumo voglia dire che vanno ricollegati e connessi strettamente tra loro episodi e fenomeni come: guerre civili, guerre di setta in nome di Dio, guerre nazionali, atti di terrorismo jihadista, commercio delle armi, crisi della multilateralità efficiente come alternativa all’unilateralismo, esplosione di sviluppo in mezzo a persistenze di miseria, dinamiche demoscopiche folli, egoismi risorgenti, desolidarizzazioni su base popolare, finanziarizzazione dei conflitti come degli scambi eccetera.

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