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Quell’offensiva liberale che sfida la piazza francese

Mauro Zanon
Due chiacchiere con Laetitia Strauch-Bonart, la più liberale dei giovani intellettuali di destra che animano il dibattito in Francia, sulla pedagogia delle riforme (e su Macron).
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Parigi. “I francesi sono liberali e non lo sanno. Non si definiscono tali perché sono influenzati dall’ignoranza diffusa sul significato del termine ‘liberalismo’, dalla demonizzazione di tutto ciò che è accostato all’aggettivo ‘liberale’ e da un’assenza di pedagogia su questa famiglia politica e filosofica che in Francia vanta pensatori come Raymond Aron, un grande liberale spesso dimenticato”. Mentre la piazza francese sindacalista e antiriforme cerca il massimo della visibilità e dell’efficacia – annullare la “loi travail” – Laetitia Strauch-Bonart, la più liberale dei giovani intellettuali di destra che animano il dibattito in Francia, rilancia l’impeto riformatore. Il settimanale Point, con il quale collabora, l’ha inserita assieme ai suoi coetanei tra gli “enfants de Finkielkraut”, i figli spirituali del filosofo e accademico di Francia. Ma tra i punti di riferimento di questa trentenne che si definisce fieramente “liberal-conservatrice” ci sono anzitutto le grandi figure del pensiero liberale anglosassone. Una su tutte: l’economista austriaco naturalizzato britannico Friedrich von Hayek. Laetitia Strauch-Bonart vive a Londra, dove sta preparando una tesi sui pensatori conservatori e le questioni morali dopo il 1945, lavora con un think tank conservatore, e dentro alla sua borsa dice di avere “sempre” un libro di von Hayek. L’abbiamo incontrata durante uno dei suoi passaggi a Parigi durante il quale ci ha raccontato perché ha appena pubblicato un pamphlet, “Vous avez dit conservateur?” (Cerf), dove difende l’idea che oggi il “vero progresso è essere conservatori”, e perché in Francia le idee liberali si stanno facendo strada.

 


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Laetitia Strauch-Bonart (foto di Twitter)


 

“A destra, tutti i candidati alle primarie di destra, da Alain Juppé a Bruno Le Maire, dicono di difendere un programma liberale, di essere l’incarnazione della svolta liberale necessaria per recuperare il gap che separa la Francia dalle altre nazioni. Tuttavia ho l’impressione che il loro sia più un liberalismo frutto di un calcolo razionale che un liberalismo autentico, che viene dal cuore. Spero comunque di sbagliarmi”, dice Strauch-Bonart. “Tra i candidati della destra neogollista, il programma più autenticamente liberale è quello di François Fillon, l’ex primo ministro. Che però, quando era a Matignon, ai tempi di Nicolas Sarkozy all’Eliseo, non si era certo distinto per aver difeso misure liberali”, sottolinea Strauch-Bonart. Ieri, il settimanale Point, ha dedicato il suo dossier principale alla “rivoluzione culturale che infastidisce”, la rivoluzione liberale che in Francia fa paura alla vecchia classe politica, aggrappata culturalmente alla tradizione colbertista e gollista, ma che i francesi sarebbero pronti ad accogliere. Secondo il sondaggio del think tank Génération Libre pubblicato dall’Opinion qualche giorno fa, dove il 70 per cento dei francesi dice di “non amare” il termine “assistenzialismo”, mentre la parola “liberalismo” è apprezzata dal 59 per cento della popolazione (tra i giovani sotto i 25 anni la percentuale sale al 66). Per Mathieu Laine, economista liberale e grande antagonista della religione pikettyana che in Francia raccoglie molti devoti, è “la deliziosa e inevitabile ascensione del liberalismo alla francese”, perché “la maggioranza dei francesi attende una nuova offerta che rivendichi, senza infingimenti, il primato della libertà”.

 

Il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, può incarnare questa nuova offerta? “Macron ha certamente il merito di aver sdoganato le idee liberali in seno alla gauche, ma nel suo campo politico resta isolato, non può essere una figura solida – dice Strauch Bonart – Per una rivoluzione liberale, c’è bisogno di molte persone”. Nel liberale di Bercy, pur riconoscendogli qualche merito, non crede neppure il cantore del liberalismo alla francese, Alain Madelin. Perché Madeve anche “imparare a comprendere la gauche popolare e a rivolgerle la parola”. Stéphane Treppoz, star della new economy, dice invece che un’alleanza Juppé-Macron per il 2017 è la miglior soluzione per la Francia. Un nazareno francese, firmato dalla destra moderata e dalla gauche riformista.

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