Una “vegetariana” a Seul piace agli occidentali, ma fa ancora scandalo
“The Vegetarian”, il secondo romanzo di Kang, è diviso in tre parti. La storia principale è quella di Yeong-hye, una donna sudcoreana di Seul descritta come “del tutto irrilevante”. E’ lei a scuotere gli altri personaggi – il marito, uomo ossessionato dal lavoro d’ufficio, il cognato che vuole diventare artista, la sorella preoccupata dai problemi che le dà il negozio di cosmetici di famiglia – con la sua decisione improvvisa, totalmente arbitraria: diventare vegetariana. “Ho un sogno”, dice al marito, che intanto reagisce con violenza sessuale. In Corea del sud il vegetarianesimo e la fede vegan a cui si è votato l’occidente, semplicemente non esiste. Esiste la tradizione, esiste ancora oggi un ruolo ben preciso delle donne perfino al tavolo in cui si mangia. Per questo il romanzo di Kang non è soltanto la storia di una donna che a un certo punto decide di smettere di mangiare la carne. E’ la storia di una donna che decide di fare qualcosa di inconcepibile per una società costruita sulle regole e sulle convenzioni, dove la libertà individuale è consentita fino a quando non è sconveniente. Un paese in cui Uniqlo vende capi d’abbigliamento tutti identici e dai colori tenui, per non attirare l’attenzione, e dove il conformismo è particolarmente evidente in primavera (è la stagione del trench, ci spiegano, e quindi tutte indossiamo il trench, una giacca un po’ più corta già dimostra una fortissima personalità). Figuriamoci, dunque, una donna che improvvisamente fa sparire le proteine dal frigorifero e inizia a rifiutare la carne davanti a tutti, durante le cene ufficiali con il capo del marito, durante il pranzo con i parenti (lì farà infuriare il padre, che la manderà in ospedale per una ferita con un coltello). Il libro di Kang è piuttosto un colpo al cuore per le donne coreane di una generazione fa, che non si sono mai emancipate dai mariti e dalle tradizioni – sono quelle che nei giorni più caldi dell’estate ancora oggi preparano il Samgyetang, il pollo in brodo condito con il ginseng che va servito oltre i cento gradi, ed è una specie di tortura tradizionale ma che “fa bene allo spirito”. Ci sono due modi di leggere “The Vegetarian”. Si può fare con gli occhi indignati di un occidentale vegetariano, oppure con gli occhi delle nuove generazioni coreane, che sopportano il pollo rovente delle madri ma poi, di nascosto, si abbuffano da McDonald’s.