Adattarsi a una nuova domanda

Perché le catene di alberghi fanno il tifo per Airbnb, il portale che prometteva di mandarle in pensione

Teoricamente le grandi catene dovrebbero essere imbestialite almeno quanto i tassisti di mezzo mondo lo sono con Uber, secondo la legge ricorrente nella dialettica corporazione-startup, e invece Airbnb non è percepito come una minaccia dall’industria tradizionale

New York. Nel giro di sette anni Airbnb è diventato il più grande albergo del mondo, con oltre un milione di camere e mezzo miliardo di dollari di ricavi. Teoricamente le grandi catene dovrebbero essere imbestialite almeno quanto i tassisti di mezzo mondo lo sono con Uber, secondo la legge ricorrente nella dialettica corporazione-startup, e invece Airbnb non è percepito come una minaccia dall’industria tradizionale. Anzi, la ventata di sharing economy sul mercato di camere e appartamenti ha aperto nuovi segmenti di mercato rimodellando la domanda e diversificando l’offerta.

 

Con 140 milioni di clienti, Hilton ha superato lo scorso anno il suo record, e il presidente del settore sviluppo sostiene che “i siti che offrono affitti stanno stimolando la domanda e non semplicemente dirottando quella esistente”, dinamica che paradossalmente fa di Airbnb il migliore alleato delle catene alberghiere globali, che possono concentrarsi esclusivamente su quello che sanno fare meglio. Diverse analisi mostrano ad esempio che chi viaggia per affari raramente si rivolge ad Airbnb, perché cerca ancora la qualità dei servizi e la prevedibilità che soltanto gli alberghi tradizionali possono offrire. Chi usa i servizi di Airbnb cerca prezzi abbordabili oppure un’esperienza più intima e casalinga, un altro stile di viaggio rispetto alla serialità dei grandi hotel. I clienti della startup raramente sono interessati al servizio con camera o alla reception, e per loro il vero lusso è non essere costretti a mangiare sempre al ristorante. Allo stesso tempo la piattaforma non impedisce (anzi incoraggia) agli alberghi di piazzare le proprie camere sul portale, cosa che ha fatto la fortuna di molti boutique hotel che generalmente postano soltanto le loro camere più economiche per essere competitivi in quel segmento.

 

[**Video_box_2**]Airbnb non propone gli stessi servizi a un prezzo ridotto o con un surplus di qualità (quello che fa Uber) ma apre nuovi orizzonti di mercato, facendo muovere persone che senza una possibilità di affitto di un alloggio per vacanze economico e affidabile magari non si sarebbero mosse affatto. E’ per questo che la spesa complessiva per gli alberghi nel mondo, il fatturato di Airbnb e il numero di persone che si spostano sono indici in costante aumento, come dice uno studio di Phocuswright. E’ la prova che il mercato degli alloggi non è un gioco a somma zero. Chi è più penalizzato dall’ascesa di Airbnb sono gli alberghi più economici, specialmente nelle grandi città americane, che vedono una flessione del business nelle aree ad alta densità di appartamenti affittati sul portale; invece di impelagarsi in un devastante scontro frontale con la startup, alcune strutture stanno sfruttando le possibilità che offre appoggiandosi completamente alla piattaforma. Piccole pensioni di periferia schiacciate dagli appartamenti in affitto tagliano sui costi utilizzando il sistema di pagamento e di prenotazione di Airbnb. Mantenere una presenza costante al desk è molto più costoso che subappaltare il servizio ad Airbnb, che incassa le commissioni e ringrazia per la collaborazione, che poi è sinonimo di competizione.

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