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editoriali

L’insostenibilità del partito verde

Redazione

Le bollette e quelle nuove domande sui costi della transizione ecologica

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L’onestà intellettuale con la quale il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha spiegato perché le tariffe energetiche aumenteranno in Italia e altrove ha scatenato due reazioni opposte. Da una parte si dà come al solito la colpa all’Europa e alle politiche green alle quali ha deciso di vincolare lo sviluppo industriale, dall’altra si accusa il governo e Cingolani stesso di essere un finto ambientalista, al servizio delle lobby del “nuovo nucleare”, quello blu basato sulla fissione. I primi hanno qualche ragione solo nel sostenere che Germania, Francia e Italia si stanno muovendo in affanno nel gestire una trasformazione che avrebbe richiesto anni; non possono però negare che il problema climatico si aggrava e non occorre essere apostoli di Greta Thunberg per vederlo. Inoltre poiché non solo l’Europa ma l’intero Occidente va in quella direzione l’Italia non può costituire una fortezza nazionalista.

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L’onestà intellettuale con la quale il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha spiegato perché le tariffe energetiche aumenteranno in Italia e altrove ha scatenato due reazioni opposte. Da una parte si dà come al solito la colpa all’Europa e alle politiche green alle quali ha deciso di vincolare lo sviluppo industriale, dall’altra si accusa il governo e Cingolani stesso di essere un finto ambientalista, al servizio delle lobby del “nuovo nucleare”, quello blu basato sulla fissione. I primi hanno qualche ragione solo nel sostenere che Germania, Francia e Italia si stanno muovendo in affanno nel gestire una trasformazione che avrebbe richiesto anni; non possono però negare che il problema climatico si aggrava e non occorre essere apostoli di Greta Thunberg per vederlo. Inoltre poiché non solo l’Europa ma l’intero Occidente va in quella direzione l’Italia non può costituire una fortezza nazionalista.

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I secondi si rifiutano di accettare qualsiasi soluzione che non si basi sull’abbandono totale e repentino dei motori (in senso letterale e figurato) della nostra società; ma soprattutto non accettano ricette basate sulla scienza e non sull’ideologia. Un esempio è lo spinoff realizzato dall’Eni con il Mit di Boston, Common fusion system, che realizzerà in America uno stabilimento per produrre energia dalla fusione nucleare anziché dalla fissione: bollato come una sorta di ritorno a Chernobyl, mentre lo stesso Cingolani nei mesi scorsi è stato sottoposto a una sorta di processo del popolo per avere indicato anche questa via ad un paese che per l’energia dipende interamente dall’estero, comprese le forniture di materiali strategici per le batterie (uno dei motivi del rincaro dei costi per famiglie e imprese). Per questi talebani del verde, e per i 5s che un tempo consideravano Cingolani uno di loro, non esiste alternativa alla bicicletta, al monopattino magari di stato, all’elettrico purchessia.

Tutto questo mentre in Norvegia vincono i socialdemocratici, ponendo fine all’era conservatrice di Erna Solberg ma soprattutto con un programma basato sull’uso delle royalties petrolifere (la Norvegia è il maggior esportatore di greggio dell’Europa occidentale e il terzo del mondo, le sue riserve rappresentano il 25 per cento del Pil) per finanziare la mobilità e l’economia verde. E’ probabile che i socialdemocratici stringano un’alleanza con i Verdi, al 4,2 per cento, anche per isolare i massimalisti di destra e sinistra. Così come è possibile che questo avvenga in Germania dopo le elezioni del 26 settembre, con l’Spd considerato irraggiungibile dalla Cdu, e nonostante il calo nei sondaggi dal 20 al 15 per cento della candidata verde Annalena Baerbock. I Gruenen sono al governo in 11 dei 16 Lander tedeschi e tutto si possono definire fuorché massimalisti. Anche in Francia i verdi potrebbero risultare decisivi per la riconferma di Emmanuel Macron, di certo più popolari dei socialisti; mentre sono già nella coalizione di governo in Austria e in Irlanda.

In Italia un partito ambientalista di fatto oggi non c’è, e quando c’è stato si è occupato di tutto – dall’aborto all’eutanasia al femminismo; le vecchie battaglie radicali fuori tempo massimo – tranne che di clima: se non per distinguersi in campagne del No, dall’Ilva alla Tap alla Tav. Ovviamente un problema mondiale qual è oggi l’ambiente con tutte le sue ricadute non richiede un partito ad hoc, altrimenti avremmo quello dei virologi. Richiede però un approccio basato sull’evidenza scientifica e sull'attitudine al governo. C’è da noi una classe dirigente che sia in grado di esprimere politiche concrete e contemporaneamente di colloquiare alla pari con i più influenti verdi nel resto d’Europa? Basta dire che dei 75 europarlamentari verdi eletti nel 2019 solo una è italiana (finché si sono aggiunti quattro transfughi grillini); mentre l’ex presidente della Federazione dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, ha lanciato una lista a sostegno della rielezione di Virginia Raggi, nota paladina dell’ambiente romano.

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