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Editoriali

La volta buona per la Giustizia

Redazione

Cartabia e la discontinuità necessaria per il Recovery dello stato di diritto

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E se questa fosse la volta buona? Mario Draghi è stato governatore della Banca d’Italia, la stessa istituzione che ogni anno sforna una gran mole di documenti, ricerche, statistiche, position paper, tutti volti a misurare l’inefficienza della giustizia italiana e le sue pesanti ricadute sulla competitività dell’economia nazionale. Sempre Bankitalia ha calcolato in un punto di pil la perdita netta dovuta a processi troppo lenti. Ai ritmi pachidermici dei tribunali si aggiunge un dato, talvolta trascurato: la scarsa prevedibilità delle decisioni giudiziarie. Accade infatti che vicende simili abbiano sbocchi giudiziari diversi se non opposti, e una giurisprudenza dall’andamento erratico, scarsamente uniforme, espone l’investitore a un grado di incertezza incompatibile con le esigenze di programmazione economica. In Italia la durata media di un procedimento civile è pari a sette anni, sono oltre tre milioni i procedimenti civili pendenti.

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E se questa fosse la volta buona? Mario Draghi è stato governatore della Banca d’Italia, la stessa istituzione che ogni anno sforna una gran mole di documenti, ricerche, statistiche, position paper, tutti volti a misurare l’inefficienza della giustizia italiana e le sue pesanti ricadute sulla competitività dell’economia nazionale. Sempre Bankitalia ha calcolato in un punto di pil la perdita netta dovuta a processi troppo lenti. Ai ritmi pachidermici dei tribunali si aggiunge un dato, talvolta trascurato: la scarsa prevedibilità delle decisioni giudiziarie. Accade infatti che vicende simili abbiano sbocchi giudiziari diversi se non opposti, e una giurisprudenza dall’andamento erratico, scarsamente uniforme, espone l’investitore a un grado di incertezza incompatibile con le esigenze di programmazione economica. In Italia la durata media di un procedimento civile è pari a sette anni, sono oltre tre milioni i procedimenti civili pendenti.

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Qualcosa si è fatto, basti pensare alle sezioni specializzate per le controversie commerciali, volute dall’allora Guardasigilli Paola Severino, governo Monti. Al “governo dei migliori” si richiederà allora un intervento ancora più incisivo per superare lungaggini e inefficienze che rendono l’Italia fanalino di coda in Europa. L’inefficienza del nostro sistema giudiziario scoraggia gli investimenti, aumenta il costo del credito e riduce il tasso di occupazione e di partecipazione al mercato del lavoro. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea per l’efficacia della giustizia (Cepej), nonostante un parziale miglioramento nel biennio 2017-18, la giustizia civile italiana resta tra le più lente d’Europa: siamo ancora gli ultimi in terzo grado di giudizio e siamo diventati penultimi sia in primo sia in secondo grado, rispettivamente davanti a Malta e Grecia. Se si considera poi il tasso di smaltimento, vale a dire il rapporto tra i procedimenti definiti e quelli iscritti in un anno, si scopre che i procedimenti pendenti sono sì calati, di circa l’8 per cento dal 2016, ma il loro numero rimane tra i più elevati d’Europa. Solo la Bosnia-Erzegovina fa peggio di noi. Il rapporto 2020 Doing Business della Banca mondiale colloca l’Italia al 122esimo posto su 190 per la categoria “Tempo e costi delle controversie”. Nel 2018 eravamo al 111esimo posto, nel 2017 al 108esimo e nel 2016 al 106esimo.

 

Del resto, la giustizia civile rientra tra le riforme che la Commissione europea richiede ai paesi beneficiari nell’ambito del Recovery plan: detta altrimenti, per accedere agli oltre 209 miliardi di prestiti e contributi europei, l’Italia dovrà attuare un piano di riforma tanto della Giustizia quanto della Pubblica amministrazione. Serve una iniezione di efficienza, servono maggiori investimenti (superiori ai 3 miliardi previsti dal Pnrr by Conte), servono giudici specializzati per accelerare l’iter decisionale e fornire agli utenti, cittadini e imprese, decisioni certe, coerenti e prevedibili.  Serve una rivoluzione, e il governo di Super Mario, con il ministro della Giustizia Marta Cartabia, potrebbe riuscire nell’impresa.

 

Finalmente, con il ripristino del principio di competenza, alla guida del dicastero di Via Arenula s’insedia una giurista esperta, già presidente della Corte costituzionale, con un curriculum che parla da sé. Si sa che la macchina ministeriale spesso complica la matassa anziché sbrogliarla, e ciò rende vieppiù decisiva la regia politica di un ministro che abbia visione e coraggio di incidere, toccando alcuni punti nodali che raramente hanno ricevuto l’attenzione necessaria, anche a causa delle resistenze corporative della burocrazia togata, ben rappresentata nell’organigramma ministeriale. Si pensi, per esempio, all’organizzazione degli uffici giudiziari che tanto incide sulla qualità del servizio giustizia offerto ai cittadini: se a parità di risorse e norme, alcuni uffici giudiziari vanno veloci e altri lenti, qualcosa vorrà dire. Un buon magistrato non è per forza un buon dirigente, non a caso oltreoceano il “court manager”, cui è affidata la gestione organizzativa, non è laureato in Legge ma in Business administration. In una fase cruciale per la ripartenza del paese, di fronte a quella che si preannuncia come la peggiore recessione economica dal Secondo dopoguerra, il governo Draghi potrà marcare un vero New deal giudiziario puntando a poche importanti riforme che restituiscano fiducia a cittadini e imprese per tornare a investire in un paese in grado di garantire certezza del diritto e rispetto dei contratti. Con un occhio all’Europa che ci osserva e non regala alcunché. Che sia la volta buona per davvero.

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