Esterno della sede Telecom di Corso Italia (Ansa)

Pregi e difetti

Perché l'offerta di Kkr su Tim potrebbe non dispiacere al governo

Mariarosaria Marchesano

Il colosso americano si è fatto avanti per l’infrastruttura telefonica: non crea problemi di Antitrust e quindi può contare su un iter autorizzativo più rapido e sicuro. Intanto Urso segue "con attenzione", evitando di parlare di rete unica

Lo stato italiano diventerà socio di minoranza della rete Telecom? L’ipotesi non si può del tutto escludere dopo che il colosso americano Kkr si è fatto avanti con una nuova offerta per l’infrastruttura telefonica (compresi i cavi sottomarini di Sparkle) valutandola, secondo alcuni rumors, 18-20 miliardi di euro. Le ragioni per cui non si può escludere sono essenzialmente tre, anche se ovviamente bisognerà attendere  le valutazioni del cda di Telecom, che si è riunito ieri per un primo esame.

 

La prima ragione è che un’offerta da parte di Kkr, come sottolinea anche un’analisi di Equita, sebbene non sia coerente con l’obiettivo politico del governo Meloni di avere una rete nazionale a controllo pubblico, avrebbe il pregio di non creare problemi di Antitrust e quindi di poter contare su un iter autorizzativo più rapido e sicuro. La seconda è che il fondo statunitense, a differenza che in passato, è stato più esplicito nel manifestare l’intenzione di avere le istituzioni italiane nella compagine che gestirà la rete telefonica. Lo stato, insomma, se non al controllo potrebbe puntare ad avere una quota anche consistente. La terza ragione è che riesce difficile pensare che Kkr si sia nuovamente esposta in Italia su un dossier tanto delicato senza avere la garanzia che la mossa non sia sgradita al governo. 

 

Nella sua nota, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha affermato, infatti, di seguire “con attenzione l’offerta per l’acquisto di una partecipazione in una costituenda società che gestisca la rete fissa di Tim, azienda che oggi ha un ruolo cruciale nei servizi di telefonia, nella realizzazione della banca larga nel nostro paese e della infrastruttura del polo strategico nazionale”. E ha aggiunto che “reputa centrali la salvaguardia dei livelli occupazionali e la sicurezza di una infrastruttura strategica quale la rete nazionale di telecomunicazioni”. Ma ha evitato di rimarcare l’obiettivo del controllo pubblico della rete, ripetuto più volte anche nel recente passato. Se le parole hanno un peso, si potrebbe desumere che a Palazzo Chigi sia in corso un bagno di realtà, i cui segnali si sono già manifestati, ad esempio, e con l’accelerazione verso la tedesca Lufthansa per chiudere il dossier Ita (dopo che in campagna elettorale FdI si era scagliata contro l’ipotesi di privatizzazione del governo Dragh). Del resto, Telecom è finita in un vicolo cieco con il suo indebitamento monstre – pari 25 miliardi di euro – che di fatto impedisce alla società di realizzare gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione a cui sono legate alcune tranche di finanziamenti del Pnrr, e questo potrebbe costituire per Palazzo Chigi un ulteriore stimolo ad approcciarsi in maniera più pragmatica alla partita Telecom. 

 

Di certo, il governo ha in mano il pallino in virtù del golden power che potrà esercitare anche quand’anche il cda di Telecom si esprimesse a favore dell’offerta Kkr. Ma a quel punto dovrebbe emergere una soluzione alternativa altrettanto fattibile e in grado di abbattere una consistente parte del debito come intende fare il fondo americano che punta a creare due distinte società, una dei servizi e una della rete, divisione che consente di svincolare i due business e allo stesso tempo di costituire un nuovo assetto proprietario con la distribuzione di pesi ed equilibri tra privato e pubblico

 

In questa complicata partita, comunque, restano da chiarire due aspetti: come si muoverà Cdp, che fino a ieri stava studiando un’offerta congiunta con Macquarie e la stessa Kk la quale si è sfilata per muoversi in autonomia? È possibile che dalla Cassa arrivi una controfferta più conveniente economicamente per Telecom rispetto a quella del fondo Usa e quindi più onerosa per le casse dello stato? Il secondo aspetto è come si esprimerà la francese Vivendi che è il primo azionista di Telecom e che ha sempre fatto intendere che è una questione di prezzo. Chissà se questa volta è giusto (non lo fu quello della proposta d’opa totalitaria sulle azioni Telecom del 2021). Intanto, la Borsa ha già premiato l’offerta Kkr con un rialzo del 10 per cento del titolo.

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