Foto di Ronald Wittek, via Ansa 

l'analisi

Inflazione 2023. Le previsioni negli Stati Uniti e in Europa

Mariarosaria Marchesano

La scommessa vinta da Draghi sui Btp indicizzati. In tutta l'Ue infatti si stanno diffondendo e l'Italia ha giocato d'anticipo. E il tema resta cruciale per le banche centrali, mentre ci si chiede come tener sotto controllo la corsa dei prezzi

L’inflazione sarà uno dei grandi temi del 2023. Secondo la maggior parte degli analisti resterà su livelli elevati nel prossimo anno per poi scendere rapidamente al 2 per cento o poco sopra entro il 2024, che è il tasso auspicato dalla Banca centrale europea. Si tratta, però, di uno scenario “piuttosto roseo”, secondo un’analisi di Axa Im, che ricorda come l’inflazione abbia già colto tutti di sorpresa e può continuare a farlo. “Siamo d’accordo sul fatto che l’inflazione decelererà nel corso dei prossimi sei mesi, tuttavia nessuno può avere una chiara visione di come sarà dopo Pasqua o a inizio estate”, dice la casa d’investimento francese, che individua tre fattori che continueranno a sostenere la corsa dei prezzi: la deglobalizzazione e le “guerre commerciali”, come quella tra Stati Uniti e Cina, mai finita; la spesa dei governi, i quali di fronte alle crisi continueranno ad attuare politiche di spesa (“fiscal spending”) alimentando il caro vita; poi c’è il tema della transizione energetica a cui sono legate sia un’inflazione da carbon fossile – dovuta al fatto che non si investe abbastanza in energia fossile – sia un’inflazione dovuta alle fonti rinnovabili che costano di più. In questa prospettiva, in cui i tassi d’interesse reali restano elevati, l’inflazione diventa certamente un fattore erosivo dei risparmi accumulati durante la pandemia – come dimostra il fatto che in Italia i depositi sui conti correnti sono diminuiti di 50 miliardi negli ultimi tre mesi – ma può essere anche un’opportunità di investimento.

 

Del resto, non è un caso che in tutta Europa si stiano diffondendo le emissioni di obbligazioni indicizzate all’inflazione, a partire dall’Italia che su questo fronte ha giocato d’anticipo. Chi ha investito nel Btp Italia emesso dal Mef a giugno 2022 – con una domanda che complessivamente ha superato 9 miliardi di euro – si è visto, infatti, accreditare ricche cedole il 28 dicembre. Tanto per fare un esempio: su un investimento di 50 mila euro, la cedola semestrale è stata pari a circa 3300 euro poiché il rendimento di questi titoli di stato tiene conto del caro vita. E alla prossima scadenza di giugno 2023 la cedola non dovrebbe essere troppo diversa considerando che tutte le previsioni vedono l’inflazione persistere su livelli elevati almeno per tutto il primo semestre del nuovo anno. Eppure, quando sei mesi fa il governo Draghi decise, a sorpresa, l’emissione di Btp Italia indicizzati all’inflazione, la richiesta, seppure consistente, fu inferiore alle attese, perché, si disse, il picco dei prezzi era vicino e non valeva la pena puntare su questi titoli anche in considerazione dei rendimenti crescenti dei Btp ordinari. Previsione errata. 

 

“L’inflazione nel 2022 ha continuato a sorprendere al rialzo – osserva Moneyfarm –  L’accelerazione e l’ampliamento delle pressioni sui prezzi nei primi dieci mesi dell’anno hanno spostato il picco previsto al quarto trimestre 2022 e hanno contribuito a far alzare la proiezione del tasso annuale al 9,3 per cento nell’Unione Europea e all’8,5 per cento nell’area euro”. In quest’ottica potrebbe aver fatto un buon affare anche chi ha investito nella seconda emissione di Btp Italia indicizzati promossa lo scorso novembre dal governo Meloni e considerata da alcuni un flop perché ha raccolto solo 7 miliardi in previsione di una discesa imminente dei prezzi. Cosa che non è accaduta perché l’ultimo dato dell’inflazione (mese di novembre) è risultato, anche se di poco, superiore alle attese sia nella zona Euro (10,1 per cento) sia in Italia (11,8 per cento). E secondo le ultime stime della Commissione Ue, nel 2023 il tasso sarà del 6,1 per cento nell’area euro dove nel 2024 calerà al 2,6 per cento. E in Italia, dopo essere salito all’8,7 per cento quest’anno, dovrebbe scendere al 6,6 per cento nel 2023 e al 2,3 per cento entro l’anno successivo.

 

A prescindere o meno dalla convenienza di “comprare” inflazione come forma di investimento, il tema resta cruciale per le banche centrali. La corsa di Bce e Federal Reserve per tenere sotto controllo la corsa dei prezzi entrerà nel vivo e in molti si domandano fino a dove possono spingersi. Secondo alcune previsioni, il punto di caduta dei tassi d’interesse sarà del 5 per cento negli Stati Uniti e del 2,5-3 per cento in Europa, livelli che spingeranno entrambe le aree verso una moderata recessione che dovrebbe riportare l’inflazione su livelli fisiologici a patto che, dicono gli esperti, non interverranno pacchetti fiscali di stimolo all’economia che renderebbero vano l’inasprimento monetario come un cane che si morde la coda. 

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