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obiettivi economici

La geniale idea della Lega per raccogliere i risparmi degli italiani ha qualche problema

Mario Seminerio

Dalla "nazionalizzazione" del debito pubblico ai Btp Futura e Italia. Delle sorte di Pnrr fatti in casa. Strumenti che non funzionano e provocano un "patriottico" autosoffocamento dell'economia del paese. Per preservare neoliberismo e competizione serve altro

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In Italia, i cassetti della politica sono sempre strapieni di idee meravigliose che attendono solo di essere realizzate. Malgrado la notevole fantasia delle nostre genti e dei loro rappresentanti eletti, capita di dover ricorrere a proposte che in passato non sono state comprese a fondo dalle maggioranze pro tempore o boicottate dalla perfida realtà. Una di queste pare essere il Btp patriottico pensato dalla Lega durante il governo gialloverde, e che non vide la luce, prevista con la legge di Bilancio del 2019. Oggi il progetto torna in una proposta di legge a prima firma del leghista Giulio Centemero, assegnata in sede referente alla commissione Bilancio della Camera. Obiettivo di base è quello di aumentare la quota di debito pubblico detenuta dagli italiani.

 

L’esigenza sorse durante la grande crisi finanziaria, impropriamente definita da molti “crisi dell’euro”, che in realtà altro non era che una crisi di credibilità del nostro paese sui mercati finanziari, gonfiata dall’incauta coppia Merkel-Sarkozy con lo sciagurato vertice di Deauville in cui si aprì il vaso di Pandora del rischio sovrano di credito, con l’indicibile ipotesi di fuoriuscita di un paese dalla moneta unica. Improvvisamente, obiettivo strategico nazionale divenne la “nazionalizzazione” del nostro debito pubblico, che andava tolto dalle mani dello Straniero. Vaste programme. Qualche disfattista osò suggerire che un debito “nazionalizzato” avrebbe permesso al governo di turno di “ristrutturarlo” (cioè fare default) più agevolmente, ma venne prontamente zittito.

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Del resto, l’ipotesi di riacquisto integrale era già abbastanza irrealistica da consentire di non sprecare tempo con scenari così problematici. Da quella temperie nacquero tuttavia iniziative destinate ai risparmiatori italiani, come i Btp Futura e Italia, che ottennero un buon successo. Ma per qualcuno ciò era del tutto insoddisfacente. Nacque così l’idea dei conti individuali di risparmio, dove i risparmiatori patriottici avrebbero comprato i Btp a essi riservati. Con robusti benefici quali cedole esentasse e deducibilità al 23 per cento delle cifre investite. Ma solo mantenendo il Btp sino a naturale scadenza. Obiettivo era l’immobilizzo del debito in mani residenti. Soglia investibile, nella proposta del 2018, era posta a 3 mila euro annui con tetto a 90 mila.

 

Il ricavato di queste emissioni speciali di debito non doveva finire nel gran calderone del passivo nazionale ma a finanziare specifici investimenti pubblici. Un Pnrr fatto in casa, in pratica. Nel restyling di questa legislatura, i proponenti ipotizzano Btp a 5-10 anni con cedola indicizzata all’inflazione domestica, come il Btp Italia. In aggiunta, la compartecipazione alla crescita del pil nazionale nel periodo di vita del titolo. Ma anche esenzione dalla tassazione delle plusvalenze e ancora deducibilità fiscale al 30 per cento degli importi investiti, con un tetto di 30 mila euro. Naturalmente, sempre dietro condizione di non smobilizzare prima della scadenza. 

 

Non serve essere maghi della finanza per rendersi conto che, se tali benefici fossero applicati pienamente, cioè partendo da tassi d’interesse di mercato, l’onerosità per le casse pubbliche sarebbe dirompente. Sommate al tasso sui Btp esistenti e negoziati sul mercato secondario il costo dell’opzione per pagare la rivalutazione del pil e la perdita di gettito causata dalla deducibilità al 30 per cento dei risparmi investiti nel Btp patriottico, e avrete una sorta di patriottico autosoffocamento a mezzo di esplosione della spesa per interessi, che peraltro ha ripreso a minacciare i nostri conti pubblici, con la stretta monetaria globale.

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Quindi, possiamo ipotizzare che, ove mai lo strumento vedesse la luce, la somma delle sue componenti di remunerazione sarebbe o dovrebbe essere non troppo discosta dal costo del Btp “normale” oggi scambiato sui mercati. Con un ma. A quanto dovrebbe ammontare il premio per la illiquidità, cioè l’impossibilità di vendere prima della scadenza? Buona domanda ma certo dovrebbe trattarsi di una maggiorazione del costo per il Tesoro. E per chi ancora paga le tasse in questo paese. 

 

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La motivazione di simili proposte è la solita: come mettere le mani sul “tesorettone” della liquidità in conto corrente degli italiani. Del resto, il pensiero prevalente, anche tra abili esponenti dell’establishment finanziario nostrano, è che gli italiani dovrebbero dedicarsi maggiormente al bene nazionale e non inseguire ubbie come la diversificazione internazionale di portafoglio. Cioè dovrebbero mettere tutte le uova nello stesso patriottico paniere. A noi, che siamo così inguaribilmente neoliberisti e nostalgici della competizione, pare che il risparmio dovrebbe fluire dove esistono opportunità vere. Diversamente, il rischio è che la strada della patrimoniale e delle sue ancelle chiamate repressione finanziaria e vincolo di portafoglio, per rinchiudere il risparmiatore nel corralito domestico, venga disseminata di Btp patriottici. 

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