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editoriali

Sì, libertà significa anche licenziare

Redazione

I licenziamenti di Meta, Twitter e Amazon sono dolorosi ma non sono uno scandalo

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Negli Stati Uniti si licenzia e si assume. Negli ultimi mesi il saldo tra licenziamenti e nuove assunzioni ha mostrato comunque un andamento positivo, con una spiccata dinamicità del mercato del lavoro. Ora colpisce la notizia riportata due giorni fa dal New York Times, secondo il quale Amazon starebbe per fronteggiare il più grande taglio del personale della sua storia, con 10 mila persone pronte a essere mandate via.

 

E colpisce anche l’uscita da Facebook/Meta di 11 mila lavoratori, su un totale complessivo di 87 mila. L’azienda di Mark Zuckerberg ha corso nelle assunzioni, probabilmente ha sbagliato i calcoli sulla crescita e ha perso, per ora, la scommessa sullo sfuggente e evanescente metaverso. Ma, appunto, negli ultimi due anni, anche agendo come cuscinetto contro gli effetti economici della pandemia, ha spinto con forza sulla ricerca di nuovi collaboratori. Ora deve fare la strada opposta e Zuckerberg si prende la responsabilità degli errori. Ma non c’è scandalo, né indignazione. E’ il mercato, fatto più di sbagli che di previsioni indovinate, e non si aprono tavoli né si corre a tentare il salvataggio di impieghi non più compatibili coi conti aziendali. I licenziati hanno molte ragioni per protestare e avercela con Zuckerberg, ma ne hanno anche per valorizzare la loro esperienza in un’azienda innovativa e dove hanno acquisito conoscenze utili anche altrove. Ad esempio in quel TikTok che sta portando via spazi di mercato e attenzione del vario mondo social. Oppure nella prossima piattaforma, nella prossima idea che si realizzerà.

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L’ambiente competitivo tra imprese simili e concentrate in una specie di mega distretto rende dura la concorrenza, ma ha effetti positivi sulle retribuzioni e, come si diceva, sulle qualifiche e la formazione. Nelle stesse ore licenzia da Twitter anche Elon Musk. Lui conosce le piattaforme in modo più superficiale, ma ne possiede una. Non licenzia perché prende atto di un proprio errore, ma perché convinto di  rimediare a errori, non provati, altrui. Anche nel suo caso valgono le considerazioni precedenti. Il mercato è reattivo e Twitter va gestito con cura. Altrimenti il licenziato sarà lo stesso Musk.

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