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L’Opec non salverà Putin

Oggi a Vienna il primo vertice dei paesi produttori di petrolio dopo due anni e mezzo. Il taglio della produzione non alza il prezzo del greggio abbastanza per la Russia

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Oggi i principali paesi produttori di petrolio si riuniranno a Vienna nel primo vertice in presenza dell’Opec allargato (Opec+) dopo due anni e mezzo. Il cartello guidato dall’Arabia Saudita, allargato alla Russia, starebbe valutando un taglio alla produzione di oltre un milione di barili al giorno, il più grande dallo scoppio della pandemia. Dopo aver ridotto la produzione nell’aprile 2020 a causa del crollo della domanda, l’Opec+ ha trascorso gli ultimi due anni ad aumentare l’offerta. Il mese scorso però l’Arabia Saudita, di fronte al calo dei prezzi, ha segnalato un cambio di rotta portando l’Opec a un taglio di 100 mila barili al giorno, una scelta simbolica, percepita come tale anche dai mercati: a settembre infatti il prezzo benchmark del Brent è sceso fino a 85 dollari dal picco di 120 dollari di giugno. Il taglio più consistente annunciato minaccia di far aumentare i prezzi in un momento in cui il  mondo è alle prese con l’aumento dei energetici, e può rappresentare un elemento di tensione tra Arabia Saudita e Stati Uniti dopo le ripetute richieste americane di un aumento di produzione.

 

Tuttavia, le fonti di Bloomberg affermano che Riad vuole ridurre la produzione sia per stimolare un rialzo dei prezzi, sia per assicurarsi una solida capacità di produzione di riserva da immettere sul mercato in caso di bisogno. I sauditi temono un crollo della produzione russa entro fine anno, quando saranno entrati in vigore l’embargo dell’Unione europea al greggio russo e, probabilmente, il price cap del G7 ideato dalla Casa Bianca per tenere il flusso russo sul mercato (e quindi stabilizzare i prezzi) riducendo però i ricavi del Cremlino.

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I mercati tutto questo lo sanno, pertanto è difficile che un taglio da un milione di barili venga accolto con reazioni incontrollate. Le anticipazioni hanno fatto salire il Brent da 89 a 92 dollari, un prezzo in linea con i desiderata dell’Opec (intorno ai 90), ma che per la Russia significa vendere barili a meno di 70 dollari, un prezzo più basso di quello che ad agosto ha portato i ricavi energetici di Mosca ai minimi da 14 mesi.

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