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L’allarme del FT

La Meloni sotto esame dei mercati, ma non è il 2011 né il 2018

Luciano Capone

“Gli hedge fund hanno fatto la più grande scommessa contro il debito italiano dal 2008”, scrive il Financial Times. Ma c’è anche chi scommette che le preoccupazioni siano eccessive. Gli anni sono cambiati

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“Gli hedge fund hanno fatto la più grande scommessa contro il debito italiano dal 2008”, scrive il Financial Times. Sta tornando lo spettro dello spread? Le crescenti preoccupazioni dovute alla svolta di politica monetaria della Bce a causa dell’inflazione, alla crisi energetica per la dipendenza dal gas russo e alle turbolenze politiche interne fanno dell’Italia, che ha un debito pubblico  al 147 per cento del pil, un obiettivo  degli investitori internazionali che puntano sul calo del valore dei Btp per fare soldi. “Il valore delle obbligazioni italiane prese in prestito dagli investitori per scommettere su un calo dei prezzi ha raggiunto il livello più alto da gennaio 2008 questo mese, a oltre 39 miliardi di euro, secondo i dati di S&P Global Market Intelligence”, scrive il Ft. 

 

Dall’Italia, l’allarme lanciato dal quotidiano finanziario londinese appare un po’ eccessivo. La situazione internazionale non è certo idilliaca, dato che siamo entrati in una fase di rialzo dei tassi d’interesse, di cambio della politica monetaria, di choc energetico soprattutto sul fronte del gas causato dalla guerra in Ucraina. In questo contesto, è logico che le economie più fragili ed esposte finiscano nel mirino degli hedge fund, che fanno il loro mestiere. Persino il bund tedesco, date le incertezze che esistono anche sulla Germania, non è mai stato così volatile.
Ma dalle parti del Mef, pur seguendo la situazione con attenzione, non sono così preoccupati, perché nelle ultime settimane non c’è stato un aumento innaturale dello spread. Il differenziale con il Bund tedesco è salito di circa 30 punti dal 10 agosto, ma si tratta di un aumento non dovuto alle posizioni corte degli hedge fund, ma che è semplicemente un effetto dell’andamento del mercato, che peraltro ora registra uno spread a 220 punti in calo dai 231 di due giorni fa.

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Insomma, almeno al momento, non ci sono movimenti e divaricazioni in qualche modo simili a quelli più che preoccupanti che si sono visti prima nel 2011, con il crollo del governo Berlusconi-Tremonti, e successivamente nel 2018, con l’ascesa del governo gialloverde-Savona. 


C’è, evidentemente, da parte di chi ha puntato contro il debito italiano il tentativo di far avverare la propria scommessa. E non è detto che non ci riesca, perché la situazione resta comunque incerta e delicata. Il mercato era molto più nervoso a fine luglio, quando dopo le dimissioni del governo Draghi si era assistito a un rapido allargamento dello spread che aveva suscitato qualche timore.

 

All’epoca Giorgia Meloni, vista come favorita nelle elezioni anticipate ma percepita come ostile all’Europa, rilasciò alcune dichiarazioni rassicuranti sia sul rispetto delle regole di bilancio europee sia sul mantenimento della posizione di supporto all’Ucraina che fecero scendere i rendimenti sui titoli italiani. E oggi, sapendo di essere al centro delle attenzioni e delle preoccupazioni dei mercati, Meloni ha fatto lo stesso: “Sono molto cauta... Nessuna persona responsabile, prima di avere un quadro completo delle risorse che possono essere investite, può immaginare di rovinare le finanze del paese”, ha detto la leader di FdI alla Reuters dopo l’articolo del Financial Times.

 

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“La prima cosa che dovremo fare è la legge di Bilancio e abbiamo chiaramente intenzione di farla entro i parametri richiesti – ha aggiunto – vogliamo un diverso atteggiamento italiano sulla scena internazionale, ad esempio nei confronti della Commissione europea. Questo non significa che vogliamo distruggere l’Europa, che vogliamo lasciare l’Europa, che vogliamo fare cose pazze”.
Sebbene la crisi energetica  possa produrre effetti sul debito analoghi allo choc esterno del 2011, l’atteggiamento  politico delle forze favorite è molto diverso da quello del 2018, quando si parlava di uscita dall’euro, di monete parallele e di sfidare le regole europee.

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“Il periodo non è dei più felici – dice al Foglio Lorenzo Codogno, già capo economista al Mef e ora alla guida di LC Macro advisors – la svolta dei tassi di interesse e del ciclo finanziario internazionale fa pressione sugli spread, ma vale per tutti. Certo, i prodotti finanziari che hanno un po’ di rischio in più sono meno favoriti, ma la situazione dell’Italia è abbastanza in linea con l’andamento internazionale”. Resta il fattore di incertezza politica. “Sì, gli investitori sono attenti alla situazione politica, ma c’è anche chi scommette che le preoccupazioni siano eccessive. Non è il 2018”. Giorgia Meloni nel 2011 era ministro e vide in diretta il crollo di Berlusconi, ora sa che gli investitori la guardano e per questo cerca di rassicurarli: la stabilità del suo possibile governo dipende anche dalla loro fiducia. 

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