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La relazione di bankitalia

Visco: “L'aumento dei prezzi è una tassa ineludibile. Con la guerra l'incertezza è radicale”

Alberto Chiumento

"L'azione pubblica può redistribuire gli effetti dell'impennata ma non può annullare l'effetto d'insieme. Il prolungamento del conflitto potrebbe comportare due punti percentuali in meno di crescita". Pil, inflazione e stipendi: cosa ha detto il governatore della Banca d'Italia

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Sono molti i temi trattati nelle Considerazioni finali del governatore di Banca d’Italia per l’anno 2021. Il discorso di Ignazio Visco si apre con una dichiarazione sugli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina. Impossibile evitare questo aspetto perché “la guerra ha peggiorato di colpo le prospettive di crescita dell’economia mondiale, in una fase in cui i danni inferti dalla pandemia non sono ancora del tutto riparati. L’incertezza è drasticamente aumentata a livello globale e investe i pilastri sui quali si basa l’assetto economico e finanziario internazionale: la convivenza pacifica tra le nazioni, l’integrazione dei mercati, la cooperazione multilaterale”.

 

La guerra ha fatto aumentare i prezzi, già alti, dei beni energetici e peggiorato le difficoltà di approvvigionamento per molte aziende, soprattutto nel settore agroalimentare. Contemporaneamente, il rallentamento dell’attività economica cinese per limitare la diffusione delle nuove varianti del Coronavirus ha aggravato i problemi nelle forniture dei beni. Nonostante l’iniziale ripresa nella seconda parte del 2021, questi fattori hanno deteriorato le condizioni economiche nell’area euro - dove il pil dovrebbe crescere meno del tre per cento - e in Italia.

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L’economia italiana

Il prodotto interno lordo italiano nel 2021 è cresciuto “del 6,6 per cento superando le attese, riflettendo la forza degli investimenti e il recupero delle esportazioni”, ha detto il governatore Visco. “Il Rapporto debito pil è diminuito di oltre 4 punti percentuali, a meno del 151 per cento, mentre un anno fa ci si aspettava un disavanzo ben più ampio”. A gennaio quindi si credeva che il Pil tornasse ai livelli prepandemici intorno alla metà di quest’anno, prevedendo “una solida espansione, superiore in media al 3 per cento, nel biennio 2022-2023. Ma la guerra ha radicalmente accentuato l’incertezza”. 

Per delle stime ufficiali di crescita bisognerà aspettare i primi giorni di giugno, ma intanto Banca d’Italia conferma le sue valutazioni di aprile, secondo cui “il prolungamento del conflitto in Ucraina potrebbe comportare circa due punti percentuali in meno di crescita. Inoltre, se la guerra dovesse sfociare in un’interruzione nelle forniture di gas dalla Russia, il prodotto potrebbe ridursi nella media del biennio”.

Inflazione

L’inflazione è un ulteriore elemento chiave da osservare dato che in Italia l’aumento dei prezzi a marzo ha toccato il 6,8 per cento: “il massimo dall’inizio degli anni novanta”, come ha ricordato Visco. La traiettoria dell’inflazione, però, si manterrà ancora elevata per quest’anno per poi flettere in modo deciso nel 2023 tornando successivamente su valori in linea con gli obiettivi della Banca centrale europea. L’inflazione è causata soprattutto dall’importazione delle materie prime che Visco, in modo molto trasparente, ha quindi descritto come “una tassa ineludibile per il Paese” di cui “l’azione pubblica può ridistribuire gli effetti tra famiglie, fattori di produzione, generazioni presenti e future, ma non può annullare l’impatto d’insieme". 

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Salari e stipendi

All’aumento dei prezzi si lega inevitabilmente l’andamento dei salari. Mentre negli Stati Uniti, il livello degli stipendi è aumento per contrastare l’inflazione, in Europa l’adattamento è molto più lento e contenuto (intorno al 2 per cento). La situazione è ancora più immobile In Italia, dove negli ultimi 20 anni il livello dei salari è rimasto quasi inalterato, e anche adesso non si notano incrementi dei salari anche per via delle modalità di contrattazione salariali previste dal nostro mercato del lavoro. In ogni caso, Visco ha suggerito che “aumenti una tantum dei salari riducono il rischio di avvio di un circolo vizioso tra inflazione e crescita salariale”.

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Pnrr

Nella sua relazione Visco ha dedicato ampio spazio al Pnrr, che ha definito come “strumento decisivo (…) in netta discontinuità nella definizione delle politiche economiche”. Per Visco: “I progressi compiuti (nel Pnrr, nda), per quanto parziali, indicano che l’economia italiana ha la possibilità di superare le debolezze che ne rallentano lo sviluppo, per interrompere il ristagno della produttività, contrastare l’effetto delle tendenze demografiche sull’offerta di lavoro e ridurre il peso del debito pubblico, salito in misura considerevole con la crisi pandemica”. Per questo si augura anche che “le modalità innovative del Piano potranno diventare prassi generalizzata dell’intervento pubblico”.

 

Politica monetaria e normalizzazione

In ambito monetario, Visco ha detto di essere favorevole all’abbandono della politica di tassi negativi annunciata per l’estate dalla Banca centrale europea. Inoltre, per evitare che l’elevata incertezza crei distorsioni e distanze tra i vari paesi membri, ha ricordato la necessità per la Bce di seguire “un processo di normalizzazione della politica monetaria così da evitare fenomeni di frammentazione dei mercati”. Questo è particolarmente importante perché nelle ultime settimane si è già notato un aumento del differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi a dieci anni, che ha ripetutamente superato i 200 punti base.

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