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Risiko bancario verso il risparmio gestito. Scene dal mondo nuovo

Mariarosaria Marchesano

In futuro l’assetto del credito in Italia sarà determinato soprattutto dalla capacità degli istituti di espandersi e integrarsi con i settori del risparmio gestito e della bancassicurazione. L’aumento di capitale di Mps, l'attenzione su Anima, gli intrecci tra Cattolica assicurazioni e Bpm

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Negli ultimi tempi è sembrato che il risiko bancario abbia perso smalto, ma non è così, ha solo cambiato pelle. Se finora sono state situazioni di crisi e la spinta al consolidamento (da parte soprattutto dei regolatori europei) a stimolare acquisizioni e fusioni (poche, per la verità), in futuro l’assetto del credito in Italia sarà determinato soprattutto dalla capacità degli istituti di espandersi e integrarsi con i settori del risparmio gestito e della bancassicurazione. E’ qui, infatti, che si concentrano le maggiori possibilità di fare profitti rispetto all’attività bancaria tradizionale. E poi la temuta ondata di npl post pandemia, che faceva pensare alle aggregazioni come all’unica strada per preservare la solidità patrimoniale, non si è per ora manifestata, mentre sia la normalizzazione della politica monetaria sia il Pnrr dovrebbero giocare a favore della tenuta del sistema bancario italiano, esposto in misura ridotta alla crisi ucraina.

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Negli ultimi tempi è sembrato che il risiko bancario abbia perso smalto, ma non è così, ha solo cambiato pelle. Se finora sono state situazioni di crisi e la spinta al consolidamento (da parte soprattutto dei regolatori europei) a stimolare acquisizioni e fusioni (poche, per la verità), in futuro l’assetto del credito in Italia sarà determinato soprattutto dalla capacità degli istituti di espandersi e integrarsi con i settori del risparmio gestito e della bancassicurazione. E’ qui, infatti, che si concentrano le maggiori possibilità di fare profitti rispetto all’attività bancaria tradizionale. E poi la temuta ondata di npl post pandemia, che faceva pensare alle aggregazioni come all’unica strada per preservare la solidità patrimoniale, non si è per ora manifestata, mentre sia la normalizzazione della politica monetaria sia il Pnrr dovrebbero giocare a favore della tenuta del sistema bancario italiano, esposto in misura ridotta alla crisi ucraina.

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C’è, però, un tema di redditività e di modello di business (obsoleto) che sta spingendo sempre di più le banche verso il territorio degli asset manager e del mondo assicurativo. Il Tesoro, per esempio, per sottoscrivere l’aumento di capitale di Mps, potrebbe puntare sulla francese Axa, partner assicurativo che ha già partecipato alla ricapitalizzazione del 2014, e su Anima, alleata nel risparmio, che potrebbe accettare di diventare anche azionista di Siena in cambio di un rafforzamento degli accordi commerciali in essere. Per ora sono solo ipotesi, ma c’è un fondamento strategico, secondo gli analisti. Equita calcola che su un aumento di capitale da 2,5 miliardi da realizzare a condizioni di mercato, circa 900 milioni è la quota non riferibile al Mef. Il resto deve essere a carico di qualificati investitori istituzionali, come prevedono gli accordi con l’Unione europea.

 

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Non c’è, dunque, da sorprendersi se una volta tramontata l’ipotesi Unicredit, Axa e Anima siano riapparsi come soggetti ideali per sottoscrivere quote di minoranza di Siena cosa che, come fa notare un’analisi di Intesa Sanpaolo, è positiva per determinare il successo dell’aumento di capitale e scongiurare un potenziale rischio di burden-sharing, ma potrebbe far perdere alla banca stessa l’appeal per una fusione/aggregazione di lungo termine che dovrebbe restare la strada maestra. Qualcosa in più si capirà con la presentazione del nuovo piano industriale previsto per il 23 giugno, che conterrà anche le previsioni di crescita in questi due settori.

 

Intanto, proprio su Anima, che è il principale gruppo indipendente del risparmio gestito in Italia, si sta concentrando l’attenzione della Borsa da quando Crédit Agricole, attraverso la sua società di asset management Amundi, è salita nel capitale diventandone di fatto il terzo azionista, mossa che alcuni hanno interpretato come la volontà di creare un polo specializzato in Italia insieme con Banco Bpm, di cui il colosso francese è arrivato a detenere quasi il 10 per cento chiarendo, però, di non essere interessato a una fusione. In altre parole, quello che si profila è un nuovo asse franco-italiano nel settore bancario il cui focus, però, non sono i prestiti ma la gestione della ricchezza delle famiglie, attività che assicura margini ben più elevati. Tutto questo mentre potrebbe entrare in scena il gruppo Generali, che sta cercando un assetto di pace dopo la guerra tra Mediobanca e Caltagirone-Del Vecchio (ieri Caltagirone si è dimesso dal cda di Generali). E in questo frangente sono in molti a scommettere su una grande acquisizione di Trieste nel risparmio gestito. Si profila un testa a testa tra Crédit Agricole e Generali su Anima? Si vedrà, intanto, secondo Intermonte, nell’eventualità di una integrazione tra il Leone e Anima sarebbero da valutare alcuni fattori “come l’eccessiva concentrazione e quote di mercato in Italia”.

 

E sempre secondo l’analisi dell’investment bank, nuovi sviluppi potrebbero arrivare anche nel settore della bancassicurazione, considerati gli intrecci di rapporti tra la neo acquisita Cattolica assicurazioni e Bpm. Insomma, da quando il risiko era un tema di acquisizioni e fusione tra banche, di opa e contro opa, vedi anche l’ultima andata in fumo di Unicredit su Bpm, si è trasformato in un processo molto più trasversale e focalizzato su segmenti specializzati. Anche il quarto polo bancario, appena nato tra Bper e Carige, si spiega anche con l’attrattività esercitata dall’istituto ligure per il fatto di possedere la Banca Cesare Ponti, il forziere che da sempre custodisce i tesori della borghesia milanese.

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