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La mossa inglese

Il governo Johnson introduce una tassa sugli extraprofitti energetici

Alberto Chiumento

La misura annunciata ieri da Rishi Sunak, ministro dell’Economia britannico, è stata ispirata da quella italiana. È un’addizionale del 25 per cento, che si aggiunge all’attuale aliquota del 40 per cento, sui profitti realizzati dalle società energetiche

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Dublino. Alla fine, il governo di Boris Johnson ha ceduto e ha introdotto la tassa sugli extraprofitti delle società energetiche. Quella che segna una grande marcia indietro politica è stata annunciata ieri da Rishi Sunak, ministro dell’Economia e delle finanze britannico, in un discorso alla Camera dei Comuni. Fino a qualche giorno fa, i principali rappresentanti del partito conservatore erano contrari a un simile intervento. Il rischio era che si potesse rendere meno attraente per le grandi aziende il contesto economico britannico e che la tassa venisse percepita come ostacolo alla libera iniziativa e agli investimenti. La pensava così lo stesso ministro dell’Energia Kwasi Kwarteng, il cui ruolo si estende anche alle strategie industriali e agli affari: “Non sono mai stato un sostenitore della tassa sugli extra profitti”, aveva detto a marzo a diverse televisioni inglesi.

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Dublino. Alla fine, il governo di Boris Johnson ha ceduto e ha introdotto la tassa sugli extraprofitti delle società energetiche. Quella che segna una grande marcia indietro politica è stata annunciata ieri da Rishi Sunak, ministro dell’Economia e delle finanze britannico, in un discorso alla Camera dei Comuni. Fino a qualche giorno fa, i principali rappresentanti del partito conservatore erano contrari a un simile intervento. Il rischio era che si potesse rendere meno attraente per le grandi aziende il contesto economico britannico e che la tassa venisse percepita come ostacolo alla libera iniziativa e agli investimenti. La pensava così lo stesso ministro dell’Energia Kwasi Kwarteng, il cui ruolo si estende anche alle strategie industriali e agli affari: “Non sono mai stato un sostenitore della tassa sugli extra profitti”, aveva detto a marzo a diverse televisioni inglesi.

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In molti, però, chiedevano un nuovo intervento del governo. L’inflazione ha superato valori che non si vedevano da quarant’anni, raggiungendo ad aprile il 9 per cento, due punti oltre il valore di marzo. Si prevede che entro la fine dell’anno possa addirittura superare la soglia del 10 per cento. Inoltre, martedì Jonathan Brearley, Ceo di Ofgem, società che supporta l’ente regolatore del mercato dell’energia e del gas britannico, ha detto che il price cap, ossia il livello massimo del prezzo di vendita dell’energia, raggiungerà a ottobre il valore record di 2.800 sterline. Solo lo scorso ottobre il valore era 1.277 sterline.

 

E’ noto che per costruire la tassa sugli extraprofitti i collaboratori di Sunak hanno osservato gli esempi di Italia e Spagna. Ma la tassa appena introdotta nel Regno Unito è completamente diversa da quella italiana. A Londra, come spesso fanno, hanno optato per un atteggiamento più pragmatico, che rende la tassa più immediata e facile da capire, nonostante la scelta dei vincoli temporali sia molto particolari.

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La nuova tassa è in realtà un’addizionale del 25 per cento, che si aggiunge all’attuale aliquota del 40 per cento, sui profitti realizzati dalle società che commerciano sul territorio britannico petrolio e gas. Diversamente da quella italiana che confronta due periodi passati, questa non è retroattiva ma si applica soltanto ai profitti futuri, che verranno realizzati da ora fino a dicembre 2025 (questo fa sì che non si possa parlare propriamente di tassa sugli extraprofitti). La scelta è molto pratica ed è probabilmente dovuta alla consapevolezza che individuare come base imponibile gli extraprofitti è complesso, come dimostra anche il caso italiano in cui si è sorprendentemente scelto di considerare il saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive.
Nonostante Sunak abbia presentato la tassa come “momentanea”, essa sarà valida per i prossimi tre anni e mezzo (a meno che i prezzi non tornino “normali”) e questo preoccupa molto le società energetiche. In precedenza avevano detto che una tassa sugli extraprofitti non avrebbe modificato la loro attività, ma l’inaspettata lunghezza pluriennale potrebbe spingerle ad  riconsiderare i piani. Tuttavia, per evitare che queste aziende possano ridurre gli investimenti, il governo ha accompagnato la tassa con una deduzione dell’80 per cento sugli investimenti futuri, anche se le società energetiche nel Regno Unito godono già di una situazione abbastanza vantaggiosa. Come sottolineato dalla stampa finanziaria anglosassone, varie società hanno posizioni di credito con il fisco o versano una ridotta quantità di tasse per via di deduzioni o incentivi previsti dal governo per sostenere la loro attività. Shell, ad esempio, dal 2015 è sempre stata in credito, tranne nel 2017. 


La pressione che ha spinto il governo a intervenire non è legata solamente a questioni economiche, come dimostrano le rinnovate critiche per le nuove foto, pubblicate questa settimana, delle feste di lavoro del premier Johnson durante il lockdown. Così, il pacchetto di misure per contrastare i rincari dell’energia non include soltanto i 5 miliardi raccolti dalla tassa sugli extraprofitti, di cui beneficeranno 8 milioni di famiglie a basso reddito tramite un aiuto di 650 sterline. Ci sono anche 300 sterline rivolte a 8 milioni di pensionati, 150 per le persone affette da disabilità e un sussidio da 400 sterline per pagare le bollette per ogni nucleo familiare del Regno Unito. Il costo totale della misura è di circa 15 miliardi di sterline.

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