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Cosa non va nella rateizzazione delle bollette voluta dal governo

Carlo Amenta  e Carlo Stagnaro

Gli interventi sulle bollette sono giusti, ma il governo deve fare attenzione, è necessario trovare una soluzione per proteggere anche i venditori; già si cominciano a sentire i primi scricchiolii nei bilanci di diversi soggetti di piccole dimensioni

Continuano gli interventi sulla bolletta elettrica e del gas. Dopo gli ingenti fondi stanziati per contenere gli aumenti alle famiglie e a molte imprese, un emendamento del governo alla legge di Bilancio obbliga i venditori di energia a offrire una rateizzazione di dieci mesi senza interessi a tutti i consumatori che, nel primo quadrimestre 2022, non pagheranno la bolletta. Questa norma rischia di legittimare o incentivare la morosità, e di creare un problema agli operatori del mercato. Essi dovranno comunque pagare la materia prima acquistata all’ingrosso e corrispondere oneri di rete, accise e Iva: c’è il rischio di enormi problemi di liquidità a causa degli incassi dilazionati. L’emendamento governativo mette a disposizione un miliardo di euro per questi soggetti, secondo modalità stabilite dall’Arera, ma basterà? Il giro d’affari dei venditori nel primo quadrimestre 2022 è stimabile in circa 20 miliardi di euro: con un tasso di morosità del 5 per cento (i livelli fisiologici si aggirano intorno all’1,5 per cento) si esaurirebbe la dotazione. Inoltre, la tempistica è cruciale: poiché il problema è essenzialmente di liquidità, se i ristori arrivassero tardi sarebbero inutili.

La questione è seria. In Italia già si cominciano a sentire i primi scricchiolii nei bilanci di diversi soggetti di piccole dimensioni. A fare da monito c’è già la Gran Bretagna: hanno già dichiarato la bancarotta oltre venti dei circa cinquanta fornitori attivi sul mercato, con un buco da 2,6 miliardi di sterline. Uno scenario simile da noi comporterebbe una ulteriore stangata per i piccoli consumatori e un rischio di contagio finanziario sulle banche.

L’intento del governo è condivisibile, ma va ripensato: il tempo c’è e si possono anche risparmiare risorse preziose. Si possono riservare gli sconti e il diritto alla rateizzazione solo alle famiglie a basso reddito e alle imprese che hanno una elevata spesa energetica, prevedendo uno stanziamento di supporto adeguato (almeno 2 miliardi che il ministro Daniele Franco potrebbe trovare semplicemente limitando la platea dei consumatori beneficiari degli sconti). Occorre poi prevedere meccanismi efficaci di sostegno al circolante delle imprese di vendita di energia. Si possono scontare i mancati incassi dalle scadenze fiscali (con corrispondenti piani di rateizzazione) o adottare meccanismi di garanzia sui finanziamenti bancari analoghi a quelli utilizzati attraverso la Sace in occasione dell’emergenza Covid, o entrambe le cose. Queste misure non si escludono necessariamente, ma possono coesistere con il disegno di un sistema a cerchi concentrici, in modo da garantire sia strumenti di intervento rapido, sia altri che necessariamente presuppongono un tempo (seppur minimo) di istruttoria. I venditori di energia sono esposti al caro prezzi quanto chiunque altro: se la politica ritiene di imporre loro obblighi specifici, dovrebbe anche farsi carico dei rischi conseguenti. Altrimenti rischia di amplificare, anziché mitigare, il danno.

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