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Editoriali

Bollette, sussidi e ambiente

Redazione

Il governo sembra intenzionato a tagliare l’aliquota Iva sull’energia elettrica e sul gas dal 10 al 4 per cento, in modo da sterilizzare gli aumenti. Dopo tante parole, la realtà mostra che è più facile aumentare i sussidi ambientalmente dannosi che ridurli

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Il governo sembra intenzionato a tagliare l’aliquota Iva sull’energia elettrica e sul gas dal 10 al 4 per cento, in modo da sterilizzare l’aumento della bolletta atteso per fine anno. Tuttavia mentre ci si interroga su come contenere i rincari, resta sul piatto l’impegno a tagliare i cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi”, come ribadito dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Ma il più recente Catalogo di questi sussidi, pubblicato nel 2020, considera proprio l’aliquota del 10 per cento (anziché 22 per cento) sull’energia elettrica un sussidio dannoso per l’ambiente del “costo” di 1,8 miliardi di euro. Lo stesso vale per l’aliquota del 10 per cento sui consumi domestici di gas naturale, i cui effetti finanziari non sono quantificati. Non solo: 586 milioni di euro di “sussidio” dipendono dall’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica nei consumi domestici, mentre 1,3 miliardi di euro dall’aliquota Iva agevolata per i consumi elettrici delle imprese.

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Il governo sembra intenzionato a tagliare l’aliquota Iva sull’energia elettrica e sul gas dal 10 al 4 per cento, in modo da sterilizzare l’aumento della bolletta atteso per fine anno. Tuttavia mentre ci si interroga su come contenere i rincari, resta sul piatto l’impegno a tagliare i cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi”, come ribadito dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Ma il più recente Catalogo di questi sussidi, pubblicato nel 2020, considera proprio l’aliquota del 10 per cento (anziché 22 per cento) sull’energia elettrica un sussidio dannoso per l’ambiente del “costo” di 1,8 miliardi di euro. Lo stesso vale per l’aliquota del 10 per cento sui consumi domestici di gas naturale, i cui effetti finanziari non sono quantificati. Non solo: 586 milioni di euro di “sussidio” dipendono dall’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica nei consumi domestici, mentre 1,3 miliardi di euro dall’aliquota Iva agevolata per i consumi elettrici delle imprese.

 

E’ evidente che c’è un problema: come può il governo promettere il taglio dei “sussidi dannosi” e nel frattempo introdurne di nuovi? A maggior ragione se si tiene conto che lo stesso Pnrr, assieme al Piano energia e clima, prevede generosi incentivi all’elettrificazione dei consumi (per esempio nella mobilità e nel riscaldamento). Sarebbe facile gridare all’incoerenza. Ma sarebbe sbagliato. L’errore non sta in sé nel tentativo di limitare gli effetti sociali del caro-energia, ma nella metodologia usata nel Catalogo, che non fa alcuna distinzione tra i sussidi propriamente detti e la riduzione – motivata e necessaria – di alcune imposte. Bene, dunque, frenare l’inflazione energetica: ma approfittiamone per ripensare il Catalogo. Se vogliamo che sia uno strumento utile a prendere decisioni importanti in campo ambientale e fiscale, deve essere un documento razionale, ragionevole e coerente. Anche il rischio è che si faccia facile propaganda su 19 miliardi di sussidi dannosi per l’ambiente facili da tagliare mentre la realtà si incarica di dimostrare che è più semplice aumentarli che ridurli.

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