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Il Nord Stream 2 mette l’Ue davanti alle sue contraddizioni

Maria Carla Sicilia

La divergenza di interessi tra gli stati membri e la difficoltà di assumere una posizione unitaria. “Il punto è disancorare la questione politica da quella energetica”, dice Alberto Clô 

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Comunque la si pensi sul Nord Stream 2 – che sia un progetto utile ai fini energetici, da non usare come strumento di pressione politica, oppure che sia l’asso nella manica dell’Europa per farsi ascoltare dalla Russia – la domanda che resta irrisolta è perché l’Ue non riesca a emanciparsi dai suoi dubbi, a poco più dell’ultimo miglio dalla conclusione dei lavori. La risposta, dice l’ex ministro dell’Industria ed economista dell’energia, Alberto Clô, ha le sue radici nella storia e la difficoltà da superare per andare fino in fondo con la realizzazione del gasdotto sta nella premessa, che vincola la questione politica a quella energetica. “Viviamo una situazione che nei decenni si è aggrovigliata su sé stessa, a cui l’Unione europea non ha saputo dare risposte”, dice al Foglio.

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Comunque la si pensi sul Nord Stream 2 – che sia un progetto utile ai fini energetici, da non usare come strumento di pressione politica, oppure che sia l’asso nella manica dell’Europa per farsi ascoltare dalla Russia – la domanda che resta irrisolta è perché l’Ue non riesca a emanciparsi dai suoi dubbi, a poco più dell’ultimo miglio dalla conclusione dei lavori. La risposta, dice l’ex ministro dell’Industria ed economista dell’energia, Alberto Clô, ha le sue radici nella storia e la difficoltà da superare per andare fino in fondo con la realizzazione del gasdotto sta nella premessa, che vincola la questione politica a quella energetica. “Viviamo una situazione che nei decenni si è aggrovigliata su sé stessa, a cui l’Unione europea non ha saputo dare risposte”, dice al Foglio.

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Prima che l’autoritarismo di Vladimir Putin si acuisse e prima del caso Navalny, la dipendenza europea dalle forniture di gas russo era già oggetto di preoccupazione (e di ingerenza) sia da parte degli Stati Uniti sia da parte di quei paesi europei che per geografia e mix energetico non sono interessanti a mantenere aperti i rubinetti di Mosca. “L’interdipendenza non si può negare: c’è necessità da parte dell’Europa di poter contare sulle forniture russe e per la Russia di contare sul mercato europeo”, anche ora che Bruxelles ha imboccato la strada del Green New Deal, ricorda il professore. E questo è vero soprattutto per la Germania: “E’ irrealistico pensare che Berlino rinunci al gasdotto, perché ne ha necessità. L’industria tedesca non può permettersi di perdere competitività”, cosa che accadrebbe se alle fonti meno costose come il carbone – da cui si prevede l’uscita nel 2030 – si sostituissero le rinnovabili, ancora poco competitive. “Ma mentre la situazione geopolitica con la Russia andava aggravandosi – dalla crisi in Crimea a quella in Ucraina – l’Ue si è bloccata in una paralisi senza trovare un punto di convergenza tra gli interessi economici ed energetici dei suoi stati membri”. Si è finiti così per politicizzare una fonte di energia, il gas, che mai prima era stata politica. “Si pensi che le forniture di gas arrivavano in Italia già quando c’era l’Unione sovietica”.

 

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Eppure, rispetto a un decennio fa, la dipendenza con la Russia dovrebbe spaventare molto meno, ragiona Clô: oggi il mercato funziona da vaccino, non solo perché è globalizzato nelle sue dinamiche e molto più flessibile, ma anche perché il Gnl crea una naturale concorrenza. Invece spaventa ancora, non solo gli Stati Uniti ma anche Bruxelles, che continua a pungolare Berlino. “Il problema è come disancorare la questione politica da quella energetica”, giocando ad armi pari dal punto di vista economico.“Per un momento in Europa si discusse di una soluzione: creare un consorzio di aziende russe ed europee per gestire i tubi che attraversavano l’Ucraina. E la crisi diplomatica di oggi – conclude Clô – è frutto anche dell’incapacità dell’Ue di saper cogliere quell’occasione”.

 

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