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editoriali

Il Covid e la nuova agenda sul lavoro

Redazione

Persi 444 mila posti, tantissime donne. Trasformazioni: la strada per ripartire 

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La promessa, fatta a inizio pandemia, secondo cui nessuno avrebbe perso il posto di lavoro era tanto confortante quanto impossibile da mantenere. E infatti i dati dell’Istat mostrano un quadro completamente diverso. Solo nel mese di dicembre gli occupati sono diminuiti di 101 mila unità, in pratica esclusivamente donne (99 mila) e autonome (79 mila). Ma il dato che mostra l’impatto della pandemia è quello annuale: nel 2020 in Italia sono andati persi 444 mila occupati, anche in questo caso prevalentemente donne (-312 mila), giovani, con contratti a termine (-393 mila) o autonomi (-209 mila).

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La promessa, fatta a inizio pandemia, secondo cui nessuno avrebbe perso il posto di lavoro era tanto confortante quanto impossibile da mantenere. E infatti i dati dell’Istat mostrano un quadro completamente diverso. Solo nel mese di dicembre gli occupati sono diminuiti di 101 mila unità, in pratica esclusivamente donne (99 mila) e autonome (79 mila). Ma il dato che mostra l’impatto della pandemia è quello annuale: nel 2020 in Italia sono andati persi 444 mila occupati, anche in questo caso prevalentemente donne (-312 mila), giovani, con contratti a termine (-393 mila) o autonomi (-209 mila).

 

Questi numeri sembrano contraddetti dalla riduzione del tasso di disoccupazione (-0,6 punti), ma è solo un’illusione ottica, ovvero il prodotto di un altro dato negativo come l’aumento degli inattivi – coloro che il lavoro neppure lo cercano – che segnano un più 482 mila (ovvero una media di +40 mila  al mese). Eppure neppure questi numeri danno un quadro realistico dell’impatto della pandemia e delle misura per contrastarla sull’economia e sul mercato del lavoro, visto che il tappo del blocco dei licenziamenti nasconde molti posti che probabilmente esistono solo sulla carta. Qualche dato positivo arriva dal settore manifatturiero, che a gennaio è in crescita al di sopra delle attese: l’indice Pmi segna 55,1 punti a gennaio, in salita dai 52,8 di dicembre, l’ottavo mese di espansione e ai  massimi livelli degli ultimi 34 mesi. La crescita del manifatturiero è trainata dall’export, ciò che ha spinto il paese negli ultimi anni. Ora che è iniziata la campagna vaccinale, sperando che funzioni per il meglio, bisogna pensare a come uscire dal congelamento dell’economia sostenendo l’occupazione – e in particolare le categorie più penalizzate come giovani, donne e autonomi –  ma senza impedire la necessaria rigenerazione del sistema produttivo.

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