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World Economic Forum 2021

A Davos (virtuale) è iniziato il grande reset post pandemia

Luciana Grosso

La Cina ha subito alzato la voce: "Giudicare gli affari interni di altri paesi spingerà il mondo alla divisione e al confronto". Sorpresa Russia, con Putin atteso in videoconferenza mercoledì dopo 11 anni di assenza, in terzo piano gli Usa. Ma più che il tempio del capitalismo, la 5 giorni di quest'anno sembra il suo confessionale

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Si parla di pandemia, quest’anno, a Davos. Come ovunque del resto. E si prova a disegnare il mondo che uscirà dallo sconquasso del 2020. La missione, va detto è ardua, la nebbia fitta, e il record di previsioni azzeccate uscite da Davos non dei migliori (proprio pochi giorni fa, Financial Times ha fatto uscire un sapido articolo dal titolo Why does Davos Man get it so wrong?, che potremmo tradurre come ‘Perché a Davos non ci azzeccano mai?’ e che mette in fila gli sconvolgimenti storici che a Davos non hanno visto arrivare, da Lehman Brothers a Brexit; dall’elezione di Trump al CoVid). Però Davos resiste, come le Alpi che la circondano. E come ogni anno prova a tirare le fila di quel che del mondo si sa e, sulla base di quello, prova a tirare i dadi per prevedere il futuro, con l’ambizione di costruirlo.

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Si parla di pandemia, quest’anno, a Davos. Come ovunque del resto. E si prova a disegnare il mondo che uscirà dallo sconquasso del 2020. La missione, va detto è ardua, la nebbia fitta, e il record di previsioni azzeccate uscite da Davos non dei migliori (proprio pochi giorni fa, Financial Times ha fatto uscire un sapido articolo dal titolo Why does Davos Man get it so wrong?, che potremmo tradurre come ‘Perché a Davos non ci azzeccano mai?’ e che mette in fila gli sconvolgimenti storici che a Davos non hanno visto arrivare, da Lehman Brothers a Brexit; dall’elezione di Trump al CoVid). Però Davos resiste, come le Alpi che la circondano. E come ogni anno prova a tirare le fila di quel che del mondo si sa e, sulla base di quello, prova a tirare i dadi per prevedere il futuro, con l’ambizione di costruirlo.

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Il mantra dei lavori di quest’anno è #TheGreatReset: una riaccensione dopo lo spegnimento di questi ultimi mesi. Su nuove e più solide basi, ci si augura. Così, nel programma di questo primo giorno di Davos è tutto un rimbalzare tra ‘resilienza’, ‘salute’, ‘inclusione’, ‘ambiente’, ‘diritti’. E così il Global Risks Report di quest’anno, appare come una via di mezzo tra un lunghissimo Cahier de Doléances e una lista di buoni propositi che sgomitano tra gli angusti spazi lasciati liberi dalla realtà che, il 2020 ce lo ha insegnato, decide da sola e per tutti, e dalla politica, che quella realtà cerca di imbrigliare. E non è un caso, dunque, che in questo primo giorno di Davos del mondo nuovo, lo spazio se lo siano preso tutto le schermaglie tra superpotenze: la Cina, in espansione, la Russia, in difesa e gli USA, che si piegano ma non si spezzano.  

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Così la Cina ha attirato su di sè tutta l’attenzione fin dalla mattina, quando il presidente Xi Jinping ha, di fatto, aperto i lavori con un intervento che, al centro della prima giornata, sembrava così rivolto a Biden da aspettarsi che, da un momento all’altro, il Presidente cinese se ne uscisse con un “Capito, Joe?”.
“Costruire piccoli circoli o iniziare una nuova Guerra Fredda, respingere, minacciare o intimidire gli altri, imporre volontariamente il disaccoppiamento, l'interruzione delle forniture o le sanzioni, per creare isolamento o alienazione, spingerà il mondo solo alla divisione e persino al confronto. Dobbiamo rispettare e accogliere le differenze, evitare di giudicare gli affari interni di altri paesi e risolvere i disaccordi attraverso la consultazione e il dialogo. La storia e la realtà hanno chiarito più volte che l'approccio fuorviante di antagonismo e confronto - sia esso sotto forma di guerra fredda, guerra calda, guerra commerciale o guerra tecnologica, non è mai positivo".

 

  

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Per il resto, da parte di Xi, silenzio completo ma assai eloquente sulle altre faccende per cui il mondo guarda a Pechino, la grande incognita dei diritti umani, e l’altrettanto grande incognita di quel che è successo (e sta succedendo ancora) con la pandemia. Alla Russia, invece, è toccato il ruolo di protagonista a sorpresa del forum, dal momento che, in serata, è arrivato del tutto imprevisto l’annuncio che Vladimir Putin, assente dal forum dal 2009, interverrà in videoconferenza mercoledì. Un cambio di agenda che risulta difficile considerare casuale nei giorni in cui le proteste interne contro Putin si fanno intense, l’occidente parla di nuove sanzioni e, soprattutto, il nuovo inquilino della Casa Bianca pare non essere così ben predisposto verso il Presidente russo quanto lo era il suo predecessore.

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Agli USA, invece, schiacciati tra gli sforzi muscolari di Russia e Cina è toccato il ruolo che meno amano e al quale meno sono meno abituati: quello di vaso di coccio tra i vasi di ferro. Un vaso di coccio così fragile e frastornato che il più americano degli interventi di rilievo in questa prima giornata è toccato a Anthony Fauci, l’immunologo delle pandemie degli ultimi decenni. É toccato a lui ammettere che la pandemia negli USA è stata gestita male (ma non è una novità, visto che lo bisbiglia da mesi o lo urla da giorni) . “Affrontare una crisi di salute pubblica è estremamente difficile se non si segue la scienza. O se, peggio, si caricano le posizione di scienza e salute pubblica di valori partigiani".

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Oltre a questo è toccato ancora a lui dire che ancora non si sa di preciso cosa possa succedere con le nuove varianti CoVid, e che è possibile, ma non certo che i vaccini funzioneranno anche contro di esse: "Questa è una situazione in evoluzione e anche se, in questo momento, i vaccini sembrano essere in grado di funzionare, dobbiamo essere pronti a aggiornarli".


Così il primo giorno del World Economic Forum si chiude con un’economia che ha appena scoperto, suo malgrado, di non essere la sola protagonista del mondo. Ci  sono anche le pandemie, le guerre e la realtà che non chiede permesso a nessuno per capovolgere le cose. E quest’anno, una Davos tutta virtuale, assomiglia, più che al tempio del capitalismo, al suo confessionale.

 

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