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La crescita congelata della ristorazione

Alberto Chiumento

L’Italia è il terzo mercato per consumi in Europa. Il settore negli ultimi anni è stato in continua crescita e ha trasformato la sua offerta, ma ora si trova in condizioni critiche a causa pandemia. Aspettando il quinto decreto ristori

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Negli ultimi anni cenare al ristorante stava vivendo una trasformazione nel suo significato. Mentre in passato era considerato un’eccezione alla quotidianità, per festeggiare in compagnia un evento importante oppure la conclusione di una fase lavorativa o personale, nella realtà di oggi mangiare fuori è diventato sempre più comune e facile. Il settore della ristorazione ha vissuto una notevole crescita e ha modificato la sua offerta alla quale ora la pandemia ha imposto però un arresto forzato.

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Negli ultimi anni cenare al ristorante stava vivendo una trasformazione nel suo significato. Mentre in passato era considerato un’eccezione alla quotidianità, per festeggiare in compagnia un evento importante oppure la conclusione di una fase lavorativa o personale, nella realtà di oggi mangiare fuori è diventato sempre più comune e facile. Il settore della ristorazione ha vissuto una notevole crescita e ha modificato la sua offerta alla quale ora la pandemia ha imposto però un arresto forzato.

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A ufficializzare l’espansione delle attività di “ristorazione con somministrazione” è intervenuta nel 2019 l’Unioncamere che, accorpando i dati raccolti dalle camere del commercio territoriali, ha registrato un aumento di quasi 30 per cento del numero di aziende attive nella ristorazione nel periodo 2011-2019. Aspetti sociali ed economici si intrecciano nella ricerca delle ragioni di questo incremento. Il ritmo di vita, specialmente nelle grandi città, ha subito una netta accelerazione: un’agenda sempre più piena e frenetica ha ridotto il tempo che si dedica al cibo e alla sua preparazione, rendendo più abituale frequentare bar e ristoranti. Un effetto simile deriva anche da una variazione del mercato del lavoro, nel quale sempre più donne trovano un impiego. L’Istat ha segnalato ad esempio che il tasso di occupazione femminile è in costante crescita e che nel 2018 era del 49,5%, facendo sì che sempre più pasti vengano consumati lontano da casa.

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Un ulteriore stimolo è offerto dalla televisione. Sebbene non sia possibile misurarne con certezza il reale effetto, il successo che i cooking show televisivi continuano a riscuotere esprime l’interesse che una grande parte della popolazione nutre per il tema culinario. La trasformazione dello chef in divo che prosegue da diverso tempo, nascondendo i ritmi serrati e i compiti ripetitivi imposti da una cucina professionale, spinge, più che in passato, molti giovani a desiderare di intraprendere questa carriera. Negli istituti professionali, dove le iscrizioni sono in calo, l’indirizzo enogastronomia e ospitalità alberghiera continua a ricevere un numero stabile di studenti, circa il 40 per cento degli iscritti totali secondo i dati del Miur.

 

  

Contemporaneamente, c’è anche stato un radicale cambiamento nell’offerta. Da un lato, la varietà proposta al pubblico si è allargata molto: alla classica cucina italiana, di ristoranti e pizzerie, si sono aggiunte molte cucine etniche. In particolar modo quelle cinesi e giapponesi sono sempre più apprezzate. Dall’altro lato, si è modificata molto anche la modalità di fruizione. Infatti, tra il classico ristorante e il fast food si sta inserendo con maggiore frequenza una nuova tipologia dal servizio informale e con un rapido turnover di clienti, come ad esempio gli all you can eat, gli aperitivi a buffet che spesso diventano apericene a prezzi modici e le catene di ristoranti a franchising che tendenzialmente offrono un menù composto da antipasto, piatto principale e dolce.

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Il take away, diventato negli ultimi mesi l’unica attività possibile per i ristoratori, era già molto utilizzato prima della pandemia ma la diffusione di questo servizio, specialmente in zone urbane e nei centri storici, preoccupa molti gestori. Sono convinti - come riporta il Rapporto annuale 2019 sulla ristorazione eseguito dall’ufficio studi della Confcommercio - che questa forma d’offerta “abbassi la qualità turistico-commerciale” e che le attività “in piccoli spazi e con pochi servizi e personale impoveriscano il mercato”.

 

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Ad ampliare ancora di più i servizi della ristorazione sono intervenute in modo deciso anche le grandi app di delivery del cibo. Esse permettono agli utenti di accedere ad un’ampia possibilità di scelta direttamente dal telefono, ma il pericolo che svuotino di contenuto il lavoro dei ristoranti è ancora maggiore rispetto a quello creato del take away. Inoltre, queste piattaforme impongono dure norme contrattuali agli esercenti per sfruttare la propria vetrina elettronica e non sembrano preoccuparsi più di tanto delle precarie condizioni di lavoro dei fattorini che ingaggiano.

 

A livello europeo l’Italia è il terzo mercato per consumi nel canale della ristorazione dopo quello britannico e spagnolo e anche il costante incremento della spesa fuori casa per alimenti conferma questo trend. Tuttavia, chi gestisce ristoranti e bar è sottoposto ad una forte concorrenza. Il rapporto 2019 sottolinea anche che a distanza di 3 anni sopravvive solo la metà delle imprese. Inoltre, qualche dubbio su un’eccessiva offerta culinaria incomincia a sorgere: il saldo tra aperture e chiusure di attività di ristorazione è stato negativo nel 2018 e anche nel 2019.

   

 

Questi ultimi segnali sono il risultato di un naturale aggiustamento all’interno di un settore, caratterizzato per diverso tempo da una crescita sostenuta e solida, che solo un evento esterno ed imprevedibile come una pandemia poteva bloccare con questa forza. Benché sia in arrivo il quinto decreto ristori i ristoranti, tra una chiusura ed una riapertura governativa, hanno ricevuto uno scarso sostegno economico e solo quando il vaccino ci restituirà la possibilità di uscire scopriremo se sarà ancora così normale cenare al ristorante.

  

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