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editoriali

La fusione vicina tra Unicredit e Mps

Redazione

Rumors, strategie, Europa. Cosa non torna nella grande partita delle banche

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Per Mps si sta delineando un salvataggio travestito da fusione con la collaborazione di Jean Pierre Mustier, l’ad di Unicredit dimissionario ma  in carica fino a marzo 2021. Le novità di inizio anno parlano della ricerca a tutti i costi da parte del Mef di una soluzione che privatizzi la banca senese rendendo il più possibile neutro l’impatto su Unicredit, il che è esattamente ciò che ha sempre chiesto Mustier, il quale durante le festività natalizie è tornato in auge come negoziatore in questa fase dell’operazione. E’ a lui che il Tesoro si è rivolto per sondare la disponibilità ad accettare un altro gioiello alla dote già promessa di 5 miliardi tra aumento di capitale e agevolazioni fiscali (Dta) e alla copertura dei rischi legali (10 miliardi). Al pacchetto, infatti, starebbe per aggiungersi lo scorporo di 14 miliardi di crediti problematici che verrebbero trasferiti dal bilancio di Mps alla società Amco a un terzo del loro valore e con un beneficio per Unicredit pari a 1,6 miliardi. Complessivamente, dunque, lo sforzo finanziario che il Mef sarebbe disposto a mettere in campo pur di far sposare la banca pubblica toscana con l’istituto di Gae Aulenti ammonta a 6,6 miliardi.

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Per Mps si sta delineando un salvataggio travestito da fusione con la collaborazione di Jean Pierre Mustier, l’ad di Unicredit dimissionario ma  in carica fino a marzo 2021. Le novità di inizio anno parlano della ricerca a tutti i costi da parte del Mef di una soluzione che privatizzi la banca senese rendendo il più possibile neutro l’impatto su Unicredit, il che è esattamente ciò che ha sempre chiesto Mustier, il quale durante le festività natalizie è tornato in auge come negoziatore in questa fase dell’operazione. E’ a lui che il Tesoro si è rivolto per sondare la disponibilità ad accettare un altro gioiello alla dote già promessa di 5 miliardi tra aumento di capitale e agevolazioni fiscali (Dta) e alla copertura dei rischi legali (10 miliardi). Al pacchetto, infatti, starebbe per aggiungersi lo scorporo di 14 miliardi di crediti problematici che verrebbero trasferiti dal bilancio di Mps alla società Amco a un terzo del loro valore e con un beneficio per Unicredit pari a 1,6 miliardi. Complessivamente, dunque, lo sforzo finanziario che il Mef sarebbe disposto a mettere in campo pur di far sposare la banca pubblica toscana con l’istituto di Gae Aulenti ammonta a 6,6 miliardi.

   

Ma perché tanta fretta? Se da un lato c’è in ballo la credibilità dell’Italia per gli accordi assunti  dal governo con la Commissione europea, che prevedono l’uscita del Mef entro il 2021, dall’altro alcuni analisti mettono in evidenza quanto sia strano che un accordo di fusione dalle grandi implicazioni politiche venga gestito da un ad che ha già annunciato le sue dimissioni  e che per Unicredit sarebbe preferibile individuare il nuovo ceo prima di analizzare più concretamente un potenziale deal con Mps. Ma alla fine sarà proprio la legge del mercato a fare il suo corso se è vero, come riportato dal Sole 24 Ore, che tra i soci di Unicredit si sta creando un fronte (di cui al momento fanno parte Del Vecchio e le fondazioni CariVerona e Crt) pronto a dichiararsi contrario all’unione con l’istituto senese. L’ultima parola spetterà, infatti, all’assemblea degli azionisti di Gae Aulenti e sulla natura degli aiuti forniti dal Mef si dovrà esprimere la Dg Competition per valutare le implicazioni dal punto di vista della concorrenza. La strada è ancora lunga.

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