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La decontribuzione al Sud e i soldi che (non) metterà l’Europa

Luciano Capone

Il ministro Provenzano puntava a uno sgravio del 30% sui contributi per 10 anni nelle regioni meridionali, pagato con il Recovery fund. Ma ha già dovuto fatto mezza marcia indietro, non aveva fatto i conti con Bruxelles

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La decontribuzione del 30% per le imprese del Mezzogiorno è uno dei cardini della strategia per il rilancio del Sud del ministro Peppe Provenzano. Lo sgravio è stato introdotto inizialmente per tre mesi, gli ultimi del 2020, con lo scopo di tamponare la crisi economica e occupazionale nel meridione. Ma l’idea di Provenzano è di farla diventare una misura strutturale per quasi 10 anni, fino al 2029, e di finanziarla con le risorse europee del pacchetto Next Generation Eu. E su questi due presupposti ha convinto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a inserire la norma in legge di Bilancio. Si tratta di un’agevolazione fiscale consistente, che costa dai 5 ai 6 miliardi l’anno fino al 2025 e poi scende progressivamente a 2 miliardi nel 2029 man mano che, dal 2026, il beneficio si riduce prima al 20% e poi al 10% fino a scomparire.

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La decontribuzione del 30% per le imprese del Mezzogiorno è uno dei cardini della strategia per il rilancio del Sud del ministro Peppe Provenzano. Lo sgravio è stato introdotto inizialmente per tre mesi, gli ultimi del 2020, con lo scopo di tamponare la crisi economica e occupazionale nel meridione. Ma l’idea di Provenzano è di farla diventare una misura strutturale per quasi 10 anni, fino al 2029, e di finanziarla con le risorse europee del pacchetto Next Generation Eu. E su questi due presupposti ha convinto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a inserire la norma in legge di Bilancio. Si tratta di un’agevolazione fiscale consistente, che costa dai 5 ai 6 miliardi l’anno fino al 2025 e poi scende progressivamente a 2 miliardi nel 2029 man mano che, dal 2026, il beneficio si riduce prima al 20% e poi al 10% fino a scomparire.

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Nella stesura della legge di Bilancio, come nelle intenzioni di Provenzano, si è deciso di indicare per la copertura di tali oneri il fondo di attuazione del Next Generation Eu (in particolare il fondo React Eu) per una cifra di 3,5 miliardi l’anno nel prossimo biennio. Poi qualcosa deve essere andato storto, visto che nei giorni scorsi è stato approvato un emendamento presentato dallo stesso governo – quindi si presume dal ministero guidato dall’esponente del Pd – che riduce in maniera consistente le risorse prelevate dai fondi europei, di 3 miliardi in due anni (da 7 a 4). Non cambia nulla sui saldi né sulla composizione della manovra, visto che le risorse recuperate dal Next Generation Eu andranno a finanziare altri interventi già previsti, e i fondi appostati per queste misure andranno a coprire la decontribuzione. Si tratta di un semplice spostamento delle coperture, che però indica un problema sulla compatibilità dello schema adottato da Provenzano rispetto alle linee guida del Recovery plan e alle normative europee. Dire “faremo la decontribuzione al Sud per dieci anni e la pagherà l’Europa” è, insomma, uno slogan di difficile attuazione.

 

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Da Bruxelles, nelle varie interlocuzioni, sono emerse forti perplessità sull’ipotesi italiana di utilizzare React-Eu, il fondo per la coesione del Ngeu, per finanziare la decontribuzione. Anche perché avrebbe significato assorbire circa il 70% dei 10 miliardi assegnati all’Italia solo per questo sgravio. E così il governo ha dovuto quasi dimezzare le coperture europee. Le perplessità da parte europea sul finanziamento non dipendono solo dall’entità della misura, ma soprattutto dal contenuto. La decontribuzione generalizzata nel Mezzogiorno non è infatti un’idea nuova, ma una misura adottata per decenni nel nostro paese che, peraltro, non ha prodotto grandi risultati sullo sviluppo del meridione. Dall’inizio degli anni Settanta lo stato italiano ha garantito una decontribuzione totale nelle regioni del sud per circa 25 anni. Questa agevolazione non c’è più proprio perché la Commissione europea ne ha ottenuto l’abolizione in quanto erano un “aiuto di stato”: a partire dal 1994, con l’accordo Pagliarini-van Miert gli sgravi sono stati progressivamente eliminati durante il percorso di ingresso nell’euro.

 

Ora Bruxelles, con la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, ha autorizzato la decontribuzione per le imprese del Mezzogiorno solo per gli ultimi tre mesi del 2020 perché c’è il cosiddetto “Temporary framework” che sospende la disciplina sugli aiuti di stato. Ma anche se Provenzano ha convinto il governo su questa proposta, è difficile immaginare che la decontribuzione potrà durare per 10 anni. Anzi, in realtà non è affatto detto che lo sgravio ci sarà nei prossimi anni. Di certo si sa che è concesso per mezzo anno, fino a giugno 2021, fin quando ci sarà il temporary framework. Già dal 1 luglio l’agevolazione sarà subordinata all’autorizzazione da parte della Commissione nell’ambito della normativa sugli aiuti di stato. L’idea che l’Europa autorizzi e paghi qualsiasi cosa, come ad esempio la decontribuzione al Sud per dieci anni, era un po’ azzardata. Se è questo l’approccio del governo rispetto ai progetti del Next Generation Eu si rischiano brutte sorprese.

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