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Editoriali

Recovery da ricovero

redazione

Si mette male se per digitale e green l’Italia intende Cashback e Superbonus 110 per cento

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Del Recovery plan italiano non si sa molto, sia sulla struttura che lo dovrà eseguire sia sui progetti da realizzare. Ma ciò che si vede non lascia ben sperare. Sul lato dell’organizzazione non si è ancora capito se ci sarà una task force manageriale o una cabina di regia ministeriale, forse qualcosa si saprà al termine della “verifica” di governo. Rispetto al chi gestirà i circa 200 miliardi europei, tra fondi e prestiti, nella maggioranza c’è molta meno conflittualità sul cosa farne. Pare un problema secondario. Ma sarebbe quello il terreno su cui sarebbe più necessario confrontarsi e scontrarsi. Perché sul fronte dei contenuti, le proposte che abbiamo visto  lungo i due obiettivi principali del Next Generation Eu lasciano molto a desiderare.

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Del Recovery plan italiano non si sa molto, sia sulla struttura che lo dovrà eseguire sia sui progetti da realizzare. Ma ciò che si vede non lascia ben sperare. Sul lato dell’organizzazione non si è ancora capito se ci sarà una task force manageriale o una cabina di regia ministeriale, forse qualcosa si saprà al termine della “verifica” di governo. Rispetto al chi gestirà i circa 200 miliardi europei, tra fondi e prestiti, nella maggioranza c’è molta meno conflittualità sul cosa farne. Pare un problema secondario. Ma sarebbe quello il terreno su cui sarebbe più necessario confrontarsi e scontrarsi. Perché sul fronte dei contenuti, le proposte che abbiamo visto  lungo i due obiettivi principali del Next Generation Eu lasciano molto a desiderare.

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Al momento il governo per innovazione digitale intende il Cashback e per transizione ecologica il Superbonus del 110 per cento. La prima misura, introdotta nel momento sbagliato per incentivare gli acquisti di Natale andando nei negozi fisici in piena seconda ondata, ha un costo definito ed elevato (circa 5 miliardi) a fronte di obiettivi vaghi e benefici indefiniti (incentivare i pagamenti digitali, recupero dell’evasione). Di certo c’è solo che è un costoso sussidio regressivo (andrà prevalentemente ai più ricchi), che per questi motivi in passato è sempre stato bloccato (da ultimo il ministro Tria). Il Superbonus per l’edilizia, indicato dal ministro Patuanelli come un “pilastro” del Recovery plan, che il M5s vuole estendere fino al 2023 (con un costo annuo di 7,5-9,5 miliardi), non è altro che l’ampliamento di precedenti ecobonus al 50 o 65 per cento. Anche questo è un sussidio regressivo, di cui beneficeranno i più ricchi, che magari farà salire per qualche anno il pil, ma che non migliorerà in maniera strutturale la crescita economica del paese. Ecco, se per transizione energetica il governo intende ingrossare un bonus esistente oltre ogni misura (più del 100 per cento!) e per digitalizzazione ripescare un vecchio bonus scartato perché inefficiente, il Recovery sarà la più grande occasione persa del paese. Pare si stia verificando il peggio: l’abbondanza di risorse sta addirittura abbassando la qualità della spesa pubblica, che già era bassa. Occhio.

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