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Quanto può pesare l’inchiesta su Aspi sul futuro della concessione

Stefano Cingolani

Lo stallo sulle trattative, le pressioni dei grillini, il futuro di Autostrade e quella via maestra persa per strada dal governo e da Cdp

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Ci risiamo, puntuale come un riflesso pavloviano, rispunta la revoca. L’arresto di Giovanni Castellucci, l’ex gran capo di Atlantia, è diventato un assist per il Movimento 5 stelle. Il sottosegretario ai Trasporti, il grillino Roberto Traversi, deputato milanese, rilancia. Si lamenta giustamente perché da mesi è impallata la trattativa con la Cassa depositi e prestiti per la cessione di Autostrade per l’Italia e poi balza in sella al cavallo di ritorno: “O si fa come dice il governo o si torni a parlare di revoca della concessione”, dichiara dopo che Castellucci è stato prelevato dalle forze dell’ordine e mandato in quarantena, pardon ai domiciliari, in quanto “personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica strettamente commerciale personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva”, secondo l’ordinanza del gip di Genova.

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Ci risiamo, puntuale come un riflesso pavloviano, rispunta la revoca. L’arresto di Giovanni Castellucci, l’ex gran capo di Atlantia, è diventato un assist per il Movimento 5 stelle. Il sottosegretario ai Trasporti, il grillino Roberto Traversi, deputato milanese, rilancia. Si lamenta giustamente perché da mesi è impallata la trattativa con la Cassa depositi e prestiti per la cessione di Autostrade per l’Italia e poi balza in sella al cavallo di ritorno: “O si fa come dice il governo o si torni a parlare di revoca della concessione”, dichiara dopo che Castellucci è stato prelevato dalle forze dell’ordine e mandato in quarantena, pardon ai domiciliari, in quanto “personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica strettamente commerciale personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva”, secondo l’ordinanza del gip di Genova.

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Il giudizio etico-psicologico precede e sostiene quello giuridico, cioè “attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture”. Attorno all’abitazione del manager è ormai zona rossa anche se Roma è (ancora) in zona gialla. Alessandro Di Battista rincara la dose. Finora frustrato, il M5s torna manettaro. Atlantia ieri è crollata in Borsa (-3,5 per cento) perché le aspettative razionali degli investitori girano in negativo, come dicono in Piazza degli Affari: l’accelerazione giudiziaria per una vicenda parallela, ma convergente, secondo gli inquirenti, con quella del ponte Morandi, rende più confusa e complicata la soluzione del rebus Aspi. L’arresto riguarda la mancata sostituzione delle barriere anti rumore montate su sessanta dei tremila chilometri di autostrade gestite in Italia. Secondo intercettazioni telefoniche, Castellucci sapeva che erano “incollate con il vinavil” e ha fatto pressione per far finta di niente anche quando non era più il numero uno di Atlantia dalla quale si era dimesso nel settembre 2019.

 

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Il manager è indagato anche per il crollo del ponte genovese, ma le responsabilità soggettive e oggettive, a due anni e tre mesi, sono ben lungi dall’essere accertate. Colpa dei controllati o dei controllori? Colpa in ogni caso dei Benetton, secondo i grillini i quali, più di altri, hanno da sempre alimentato il pregiudizio contro la gestione privata e messo alla gogna la famiglia veneta. Non sta a noi, in questo articolo, entrare nelle tortuose vicende giudiziarie. Chiediamoci piuttosto se questa accelerazione servirà a rendere più spedita anche la vendita di Aspi.

 

A che punto siamo? La Cdp insieme al fondo australiano Macquarie e all’americano Blackstone (gli stessi in campo per la rete internet), hanno proposto di comprare l’88 per cento che Atlantia possiede in Aspi (la società autostradale). Non hanno fatto cifre, a loro giudizio l’intera compagnia vale tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro. Troppo poco, secondo Atlantia che ha chiesto una offerta vincolante con un prezzo chiaro e più alto. Non solo, c’è di mezzo anche l’accordo ultimo con il governo che impegna a investimenti e fissa una regola tariffaria. Più la manleva che libera la Cdp da ogni conseguenza giudiziaria per incidenti sulla rete nei prossimi quattro anni. Tira e molla, una risposta dovrebbe arrivare alla fine del mese e l’arresto di Castellucci riscalda gli animi. La revoca viene presentata come la panacea, ma attenzione, non è affatto gratis, ammesso che sia legalmente fondata: gli indennizzi ai soci oscillano tra i 7 e i 23 miliardi, poi ci sono debiti per 19 miliardi di euro. Ne avremmo comunque per anni durante i quali Atlantia non avrebbe alcun interesse a potenziare una rete che potrebbe esserle sottratta. Peggio ancora se arrivasse un commissario o l’Anas. Era meglio prendere la via maestra invece di ricorrere a espedienti cavillosi e oscuri che portano inevitabilmente in un cul de sac: cioè mettere all’asta (un’asta pubblica, aperta, equa e controllata) la quota di Atlantia anziché procedere a trattativa privata. Non passa lo straniero, s’inalbera il Copasir. Ma se paga e gestisce meglio che male c’è? Il mercato resta il miglior regolatore, con buona pace dei nazional-populisti.

 

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