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"Questo è il momento di investire in Cina". Parola di Dalio, guru di Wall Street

Ugo Bertone

Cinico e visionario, il fondatore del più grande hedge fund del mondo dice: "La Cina è destinata a prevalere sugli Usa per tre motivi: l’istruzione scolastica avanzata, i ritmi di lavoro e il livello dell’educazione"

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"Comunque vadano le elezioni Usa, ascoltate il mio consiglio: è il momento di investire una bella fetta del vostro patrimonio in Cina, sia con un orizzonte a lungo termine sia per una speculazione a breve". Parola di Ray Dalio, il fondatore di Bridgewater, la società di gestione di capitali che amministra 148 miliardi di dollari, che così spiega il suggerimento: “I conti sono presto fatti: i fondamentali della Cina sono solidi, i prezzi ragionevoli ma i portafogli occidentali hanno poca carta cinese, non più del 3 per cento nelle gestioni, un quinto di quel che sarebbe sensato, viste le dimensioni delle economie”.

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"Comunque vadano le elezioni Usa, ascoltate il mio consiglio: è il momento di investire una bella fetta del vostro patrimonio in Cina, sia con un orizzonte a lungo termine sia per una speculazione a breve". Parola di Ray Dalio, il fondatore di Bridgewater, la società di gestione di capitali che amministra 148 miliardi di dollari, che così spiega il suggerimento: “I conti sono presto fatti: i fondamentali della Cina sono solidi, i prezzi ragionevoli ma i portafogli occidentali hanno poca carta cinese, non più del 3 per cento nelle gestioni, un quinto di quel che sarebbe sensato, viste le dimensioni delle economie”.

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"Tutto per colpa – dice lui – di un pregiudizio anticinese che, ne sono convinto, è destinato a cadere a breve”. Comunque vada il voto americano, sostiene il mito di Wall Street, il numero 58 nella classifica dei più ricchi del pianeta, imparentato via moglie con i Vanderbilt e i Whitney, cioè la più esclusiva nobiltà del denaro di New York. Niente male per il figlio di Marino Dallolio, un musicista jazz che suonava al Copacabana, un locale del Queens, ma che a soli 12 anni ha mosso i primi passi nell’alta finanza facendo da caddy in un golf club.

 

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A 18 anni, ricorda, ha già in saccoccia un giardinetto titoli per alcune migliaia di dollari, giusto quel che serve per volare ad Harvard, il trampolino ideale per i talenti di un genio che ama andare controcorrente: come nel 2007 quando, annusando l’arrivo della crisi dei mutui subprime, andò short senza esitazioni. Un guru con più di un’ambizione intellettuale, autore di lettere che Wall Street divora, perdonandogli qualche deviazione dalla norma. A partire dalla passione per la Cina.

 

”Quando l’ho visitata per la prima volta 36 anni fa – ha scritto sul Financial Times – regalai a un alto funzionario un calcolatore tascabile da 10 dollari guadagnando la sua riconoscenza per questo dono. Oggi la Cina compete con noi alla pari nelle tecnologie e tra cinque anni ci lascerà alle spalle. Dal 1984 il reddito pro-capite è cresciuto di trenta volte. Nel 1990 sette giovanotti che ho conosciuto bene hanno fondato la prima Borsa valori. Oggi è il secondo mercato al mondo”.

 

Certo, continua il gestore, l’avanzata della Cina comporta problemi politici e tensioni economiche. I due partiti Usa concordano nella condanna del trattamento degli Uiguri o degli appetiti di Pechino su Hong Kong e Taiwan. Anche se, con sommo cinismo, lo stesso Dalio fa notare che “anche gli Stati Uniti hanno i loro bei problemi in quanto a diritti civili”. Ma guai a farsi distrarre da considerazioni partigiane, che sanno di propaganda: “Da quel che ricordo – dice – tanta gente ha cercato di dimostrare che il modello cinese non funziona, che l’autoritarismo non funziona, che una società priva di libertà e gerarchica è troppo ingessata. Per non parlare dei debiti eccessivi o dell’invadenza della burocrazia”.

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“I problemi non mancano - ammette Dalio - ma quel che è certo è che la Cina continua a crescere a ritmi eccezionali e io mi aspetto l’arrivo di imponenti capitali dall’estero attratti dalla redditività made in China: crescono le Borse, così come l’appeal dello yuan”. Per carità, tante cose possono andare storte. Lo stop di ieri delle autorità alla quotazione di Ant Group, il colosso finanziario che oggi doveva esordire alla Borsa di Shanghai e Hong Kong è per alcuni la prova del potere delle “vecchie” banche legato al partito contro la rivoluzione digitale promossa da Jack Ma.

 

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Al contrario, replicano altri osservatori, è la dimostrazione che Pechino, nonostante la ripresa del business e l’afflusso di capitali dall’estero sui listini (oltre 10 mila titoli quotati, un altro record per il Celeste Impero), è ben attento a non cedere alle lusinghe della finanza facile. Quel che è certo, conclude Dalio, è che la Cina è destinata a prevalere nel futuro sugli Usa per almeno tre buoni motivi: l’istruzione scolastica assai più avanzata, i ritmi di lavoro e, non meno importante, il livello dell’educazione e del rispetto del prossimo“. Così parlò il guru di Wall Street, quel Dalio che due anni fa decise di non puntare un miliardo di euro contro l’Italia ammalata di sovranismo.

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