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Fusioni bancarie e condivisione del rischio. Così l'Europa si fa unita

Mariarosaria Marchesano

Per il capo della vigilanza europea, Andrea Enria, l'Ue dev'essere più incline a cercare soluzioni condivise per rafforzarsi. Ma non tutti i paesi sono d'accordo

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Mentre le decisioni attese dal governo sul futuro di Mps continuano a infiammare il risiko bancario, l’intervento durante un seminario del capo della vigilanza europea, Andrea Enria, ha chiarito due punti importanti secondo un’idea che vorrebbe l'Europa più incline a cercare soluzioni condivise per rafforzarsi in questo momento di crisi. Il primo riguarda proprio i matrimoni tra istituti di credito che, ha detto Enria, “se ben congegnati” trovano il favore della Bce” poiché possono essere utili per risolvere “debolezze strutturali del settore aggravate dalla crisi legata alla pandemia”. Difficile dire se queste parole possano essere interpretate anche come un modo per incoraggiare il governo italiano a cercare un partner per favorire il ritorno sul mercato della banca senese.

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Mentre le decisioni attese dal governo sul futuro di Mps continuano a infiammare il risiko bancario, l’intervento durante un seminario del capo della vigilanza europea, Andrea Enria, ha chiarito due punti importanti secondo un’idea che vorrebbe l'Europa più incline a cercare soluzioni condivise per rafforzarsi in questo momento di crisi. Il primo riguarda proprio i matrimoni tra istituti di credito che, ha detto Enria, “se ben congegnati” trovano il favore della Bce” poiché possono essere utili per risolvere “debolezze strutturali del settore aggravate dalla crisi legata alla pandemia”. Difficile dire se queste parole possano essere interpretate anche come un modo per incoraggiare il governo italiano a cercare un partner per favorire il ritorno sul mercato della banca senese.

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Ma è certo che la convinzione maturata dalla vigilanza Bce è che all’indomani di grandi choc il consolidamento è spesso un ingrediente chiave per una ripresa rapida e di successo. “Oggi le aggregazioni bancarie sono una priorità anche per risolvere debolezze strutturali del settore aggravate dalla crisi legata alla pandemia”, ha detto Enria spiegando che fin dall’inizio del suo mandato ha cercato di cambiare la percezione, diffusa nel settore bancario, di ostacolo della Bce alle fusioni, in conseguenza di quanto era accaduto in occasione delle nozze tra Banco Popolare e la milanese Bpm. Un cambio di approccio dovuto alla consapevolezza che le valutazioni delle banche sono oggi ai minimi storici a causa della loro bassa competitività rispetto alle concorrenti americane o asiatiche.

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Il secondo punto chiarito da Enria  – che non è disgiunto dal primo - riguarda la gestione delle sofferenze. Su questo tema il capo della vigilanza è tornato spesso nelle ultime settimane perché convinto che una soluzione debba essere individuata in ambito europeo superando, quindi, le resistenze dei paesi del blocco del nord, i quali temono di dover condividere le perdite che il Covid infliggerà a economie diverse tra loro. Secondo Enria, creare un network europeo di bad bank non ha nulla a che fare con l’aiutare le banche che hanno assunto rischi eccessivi e non hanno saputo gestirli ma si tratta di consentire alle banche di tutta Europa di continuare a sostenere le famiglie, piccole imprese e imprese solvibili. Per questo motivo, una rete di società di asset management, se opportunamente progettata, potrebbe rivelarsi la strada giusta.

 

Ma – e questa è la novità - Enria non intende dire che ogni paese deve farsi la sua bad bank perché – ha chiarito – dovrebbe essere un organismo sovranazionale a fornire le risorse necessarie e a occuparsi di fissare un elemento cruciale come il prezzo di acquisto dei crediti deteriorati mettendo anche le diverse società nelle condizioni di usufruire del rating creditizio dell’Unione europea. La gestione almeno condivisa del rischio creditizio che con la crisi Covid è aumentato notevolmente al punto che si prevede che i crediti in sofferenza possano superare 1400 miliardi è coerente con un’idea di Europa che si è fatta largo quando è stato varato il Recovery Fund  che, in sostanza, prevede l’emissione di debito comune.

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L’argomento usato da chi in Europa si oppone a questo approccio è che ogni paese risentirà della crisi Covid in modo diverso perché diversi sono i sistemi bancari insieme con la capacità di gestire il deterioramento degli attivi. In pratica ci sono paesi, tra i quali viene annoverata l’Italia – considerata almeno in passato troppo lenta nello smaltire i crediti cattivi – che troverebbero un canale di compensazione per scaricare su altri sistemi più virtuosi le loro scorie bancarie. Sono questi paesi che Enria dovrà convincere per arrivare a costruire una regia centralizzata di smaltimento domestico delle sofferenze.

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