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Depotenziare il Mes. Favorevoli o contrari, la spinta ideologica sta venendo meno

Giuseppe De Filippi

Il Fondo salva-Stati chissà, ma i prestiti del Recovery invece si prenderanno. Così Gualtieri guida il Pd dall’ideologia alla tecnica

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Quando li si va a guardare da vicino i problemi prendono altri contorni. Spesso fanno meno paura, a volte si trasformano addirittura in soluzioni. Il Mes, la scelta se usarlo o meno, è entrato in questa fase. Grazie anche agli effetti delle capacità da fuoriclasse del temporeggiamento sfoggiate da Giuseppe Conte. E lasciando passare le settimane, alternando dichiarazioni mezze a favore ad altre mezze contro (comprese anche le cose approssimative e in parte infondate della nota conferenza stampa), il presidente del Consiglio è riuscito a portare la questione sotto un’altra luce. Ma ancora più importante è la fatica ideologica che ormai si sente in entrambi i campi, il pro e il contro, e la successiva resa o comunque il depotenziamento delle opposte tesi.

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Quando li si va a guardare da vicino i problemi prendono altri contorni. Spesso fanno meno paura, a volte si trasformano addirittura in soluzioni. Il Mes, la scelta se usarlo o meno, è entrato in questa fase. Grazie anche agli effetti delle capacità da fuoriclasse del temporeggiamento sfoggiate da Giuseppe Conte. E lasciando passare le settimane, alternando dichiarazioni mezze a favore ad altre mezze contro (comprese anche le cose approssimative e in parte infondate della nota conferenza stampa), il presidente del Consiglio è riuscito a portare la questione sotto un’altra luce. Ma ancora più importante è la fatica ideologica che ormai si sente in entrambi i campi, il pro e il contro, e la successiva resa o comunque il depotenziamento delle opposte tesi.

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Gli anti Mes di maggioranza (quelli di opposizione restano ancora invischiati nella loro oratoria) sono passati su un piano meno carico di anti-europeismo. La preferenza si è spostata sull’uso del Recovery fund in alternativa al Mes per ragioni di efficienza, senza farne più una bandiera della lotta all’Europa cattiva. Possono essere sfumature, ma che consentono a Roberto Gualtieri di poter guardare a tutta la faccenda con un occhio più sereno, più laico, senza che si trasformi nella battaglia pro o contro l’Europa, in cui lui, con il suo passato e il suo presente, non avrebbe potuto fare altro che schierarsi con l’Europa.

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Tolta la carica ideologica il Mes è tornato a essere un normale strumento di finanziamento del bilancio pubblico e dal punto di vista del Mef e di chi deve provvedere ai conti dello stato è oggettivamente qualcosa da valutare solo in base alla convenienza e alla fruibilità. E perciò i tempi brevi e gli ormai famosi 300 milioni annui per dieci anni, quindi una somma rilevante ma che non giustificherebbe uno scontro politico e le (altrettanto costose) fibrillazioni nella maggioranza che ne seguirebbero. Ma soprattutto si è constatato durante l’estate che le regioni e l’amministrazione centrale, cui va aggiunta l’opera del commissario straordinario, non sono riusciti a mettere completamente in opera tutti i soldi da spendere nella sanità facendo carico sulle disponibilità a bilancio nel corso del 2020 (e quello delle realizzazioni è il vero fronte su cui impegnarsi).

 

E’ un modo un po’ malinconico di smontare l’entusiasmo sul Mes da prendere mesi fa e non adesso, ma è, purtroppo, un fatto che non si può trascurare. Da queste vicende emerge comunque una linea italiana, distinta da quella di altri paesi europei, ispirata al pragmatismo. E forse in questa strategia c’è anche il segreto della serenità politica del ministro Gualtieri, abbastanza sorprendente per chi guida un ministero ipersensibile alle fibrillazioni come quello dell’Economia. Addirittura, fatto inedito, si è notato un rapporto positivo tra il ministro e il presidente del Consiglio, roba che non capitava mai, a memoria di cronista politico.

 

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L’Italia userà, in questa fase, a quanto risulta al Foglio, tutti i prestiti europei possibili, diversamente da quanto fanno, ad esempio, Spagna e Portogallo. Una parte di quei prestiti diventerà addirittura deficit aggiuntivo, entrando direttamente nel bilancio in quella forma. I decreti Covid, quelli coi nomi dei mesi e il “rilancio”, sono stati finanziati anche facendo leva sui prestiti europei, che sono serviti, ad esempio, per dare copertura già nel 2019 a interventi di peso come il bonus del 110 per cento. L’Italia sta gestendo la sua finanza pubblica in un modo che non era mai stato così integrato con l’Europa, e questo è un tratto che forse se non cancella almeno attutisce il senso dello scontro sul Mes. E questo rapporto stretto con le politiche europee è una carta decisiva per chiudere una partita complessa, come quella della manovra 2021, che pesa per 70 miliardi di cui 55 in deficit, senza avere il bombardamento delle agenzie di rating.

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Un paese già molto indebitato e con un recente passato di (eufemismo) rapporti difficili con i mercati finanziari spara un incremento monstre del deficit e quindi del debito e riesce a ragionare con gli investitori internazionali (guardate allo spread e sarà tutto chiaro) e questo risultato dipende in buona parte dal sostegno solido dell’Europa e anche del Fmi. Buttare via questo grande risultato (costruito, lo ripetiamo, con l’europeismo e non con i gilet gialli) per la soddisfazione di una partitella ideologica per fortuna depotenziata come quella sul Mes forse non sarebbe saggio né utile. Al ministero dell’Economia la pensano in questo modo e, pur avendo indicato in passato tutti i vantaggi della linea di credito pandemica, si può dire che hanno ragioni sufficienti.

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