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Un Recovery plan al femminile vale 7 punti di pil in più

Valeria Manieri

Giuseppe Conte ha confermato che una parte “sostanziosa” del pacchetto di aiuti europeo sarà destinato all’occupazione femminile. Questa apertura secondo molte pare essere una condizione necessaria, ma non sufficiente

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In queste ore nelle commissioni Bilancio e Politiche europee di Camera e Senato, si è giocata una partita importante, grazie alla mobilitazione di molte personalità rilevanti e al lavoro di alcune parlamentari. L’obiettivo di un nutrito gruppo di volenterose è far sì che “half” del Recovery fund, o “il giusto mezzo”, finisca in investimenti per il rilancio dell’occupazione femminile e per la realizzazione di infrastrutture sociali durature. Martedì c’è stata un’accelerazione per stanare il governo: una manifestazione davanti al Pantheon e una missiva ben argomentata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La campagna, che prende spunto dall’iniziativa “Half of it” dell’europarlamentare verde tedesca Alexandra Geese, ha aperto finalmente un varco istituzionale in Italia. Conte, dopo essere stato nelle ultime ore l’uomo più “ricercato” dalle donne italiane, ha confermato che una parte “sostanziosa” del Recovery fund sarà destinato all’occupazione femminile. Questa apertura secondo molte pare essere una condizione necessaria, ma non sufficiente.

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In queste ore nelle commissioni Bilancio e Politiche europee di Camera e Senato, si è giocata una partita importante, grazie alla mobilitazione di molte personalità rilevanti e al lavoro di alcune parlamentari. L’obiettivo di un nutrito gruppo di volenterose è far sì che “half” del Recovery fund, o “il giusto mezzo”, finisca in investimenti per il rilancio dell’occupazione femminile e per la realizzazione di infrastrutture sociali durature. Martedì c’è stata un’accelerazione per stanare il governo: una manifestazione davanti al Pantheon e una missiva ben argomentata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La campagna, che prende spunto dall’iniziativa “Half of it” dell’europarlamentare verde tedesca Alexandra Geese, ha aperto finalmente un varco istituzionale in Italia. Conte, dopo essere stato nelle ultime ore l’uomo più “ricercato” dalle donne italiane, ha confermato che una parte “sostanziosa” del Recovery fund sarà destinato all’occupazione femminile. Questa apertura secondo molte pare essere una condizione necessaria, ma non sufficiente.

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Siccome il diavolo, specie quando si tratta di donne in Italia, si trova nei dettagli, l’associazionismo femminile ha iniziato a lavorare subito su proposte concrete. In particolare esiste una lettera che somiglia già a un documento programmatico con diverse idee per rimettersi “in pari”. Il documento è stato promosso dalle attivissime Contemporanee, dal Giusto Mezzo, dal movimento DateciVoce e ha trovato preziose alleate come Linda Laura Sabbadini dell’Istat, parlamentari bipartisan come Lia Quartapelle, Valeria Fedeli, Emma Bonino, Mariastella Gelmini, Alessandra Perrazzelli della Banca d’Italia, Veronica De Romanis, Marta Dassù e tante altre. Sembra che inizialmente, sia nelle task force Colao sia nelle prime bozze dei documenti in Commissione, le donne non fossero esattamente in cima ai pensieri del governo. Se l’impostazione di fondo è quella “donne uguale sottocategoria”, i fondi destinati saranno da sottocategoria: elementare Watson! La questione pare essere stata chiarita, almeno in parte, ma la guardia resta alta.

 

Nel linguaggio di governi di mezza Europa si fa ancora una certa fatica a considerare le donne un investimento per la crescita e non una mera questione di parità di genere. Più donne occupate significa più crescita e sviluppo, maggiore competitività. Studi recenti della Banca d’Italia stimano un impatto “meccanico” legato all’ aumento fino al 60 per cento del tasso di occupazione femminile con una ricaduta sul pil di 7 punti. Un altro studio Eige lega i progressi sulla parità a un aumento del pil procapite del 10 per cento entro il 2050. Il Recovery fund immaginato dalle Contemporanee, dal Giusto Mezzo e altre tipe toste sembra essere uno dei programmi meglio dettagliati in circolazione da molte settimane. Dicono le esperte che la crescita si otterrebbe grazie ad “Asili nido e più servizi alle persone non autosufficienti, con reti sociali pubbliche e private, sostenibili dalle amministrazioni locali; incentivi alla occupazione femminile, con la valorizzazione della partecipazione femminile nelle materie Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica); nuovi organismi per la parità di genere e contro le discriminazioni multiple.”

 

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Dagli interventi attuali e dalle linee guida europee emerge che i settori in crisi in tutta Europa sono quelli ad alta occupazione femminile, mentre quelli dove si decide tipicamente di investire e intervenire sono ad alta occupazione maschile. Occorre fare attenzione a non allargare ancora di più il gap occupazionale tra uomini e donne in Europa. Perché invertendo l’ordine dei fattori e delle priorità, il risultato cambia, molto. E in Italia fa ballare ben 7 punti di pil.

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