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“Ridisegniamo il mercato. La rete unica deve rilanciare Tim”, dice la Cgil

Nunzia Penelope

Per un'operazione efficace, bisogna mettere l'acceleratore. Il segretario Miceli ci spiega perché la variabile tempo è centrale per la riorganizzazione della rete come per Ilva, Alitalia e Autostrade 

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Roma. “Viviamo in un tempo sospeso, in attesa che chissà quale destino si compia. Ma la politica industriale non può vivere in un limbo: il momento in cui le cose si determinano è qui e ora”. Emilio Miceli, segretario della Cgil con delega all'industria, ha per le mani le partite chiave di questi mesi. Ilva, Alitalia, Autostrade e, ultima in ordine di tempo, il riordino delle Tlc e la rete unica. Partite e aziende strategiche, attraverso le quali il governo dovrebbe cogliere il “magic moment” per ridisegnare l’assetto del paese. Ma richiedono soluzioni rapide. “Oggi – spiega Miceli al Foglio – viviamo paradossalmente in una fase quasi magica: il blocco dell’economia ha creato un campo vuoto, dove tutto può essere ridisegnato. Ma è anche il momento in cui tutti si preparano a ridisegnare il loro campo. Perdere tempo significa restarne fuori”.

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Roma. “Viviamo in un tempo sospeso, in attesa che chissà quale destino si compia. Ma la politica industriale non può vivere in un limbo: il momento in cui le cose si determinano è qui e ora”. Emilio Miceli, segretario della Cgil con delega all'industria, ha per le mani le partite chiave di questi mesi. Ilva, Alitalia, Autostrade e, ultima in ordine di tempo, il riordino delle Tlc e la rete unica. Partite e aziende strategiche, attraverso le quali il governo dovrebbe cogliere il “magic moment” per ridisegnare l’assetto del paese. Ma richiedono soluzioni rapide. “Oggi – spiega Miceli al Foglio – viviamo paradossalmente in una fase quasi magica: il blocco dell’economia ha creato un campo vuoto, dove tutto può essere ridisegnato. Ma è anche il momento in cui tutti si preparano a ridisegnare il loro campo. Perdere tempo significa restarne fuori”.

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Prendiamo le Tlc: Miceli è convinto sostenitore dell’operazione avviata con la creazione di FiberCop: “E’ la partita regina, la madre della riorganizzazione del paese”. Una gigantesca partita industriale, intrisa di complicazioni e connessioni politiche. “Bisogna essere chiari: la condizione perché si faccia in Italia una rete unica è che questa operazione rilanci la funzione dell’incumbent: è inimmaginabile che questo processo possa essere portato a compimento senza o contro Tim. Quando abbiamo iniziato a discuterne, Telecom era settima al mondo, oggi dobbiamo scorrere a lungo la classifica per trovarla. Ne conosciamo i problemi: dal debito alla rete in rame, un contatore al contrario che ne deprezza il valore ogni giorno che passa. E’ interesse del paese che si fuoriesca dalla rete in rame, che si faccia il salto verso la banda larga, la digitalizzazione, indispensabile per arrivare al 5G , successivamente, a una riorganizzazione del settore su base europea”. Però c’è la questione tempi: “Più tempo passa peggio è. Variabili politiche, concentrazioni di poteri, interessi nazionali e sovranazionali, possono creare interferenze formidabili. Consiglierei di mettere l’acceleratore: le pause di riflessione aiutano gli ostacoli politici”. Prevede un percorso minato? “Si profila una discussione difficile, incentrata sul tema della concorrenza. Mi aspetto una reazione contro l’ipotesi di un monopolio, che però non esiste: i veri temi sono l’accesso e le tariffe, è questo che rende la concorrenza possibile o meno”. Sarà fondamentale anche il ruolo di Cdp: “La presenza del pubblico è un elemento di garanzia per tutti gli operatori”. Quanto ai critici, che parlano di una mera operazione di salvataggio di Tim, Miceli replica: “Non è il salvataggio di un’azienda, ma dell’intero sistema di tlc del paese. Ma il tempo è determinante”.

     

Stesso ragionamento per Alitalia: “Nazionalizzare la compagnia è giusto, ma deve essere fatto nel tempo giusto. E' gia partito il processo di riorganizzazione delle compagnie aeree mondiali, Alitalia deve essere a sua volta pronta, con un piano industriale che le consenta di stare sul mercato. Qui e ora. Domani è tardi”. E Autostrade? “Qualcosa ha iniziato a muoversi, con il cda di Atlantia di ieri, ma ci sono troppe cose ancora non chiarite: la modalità di uscita, il valore della nuova società, il meccanismo delle concessioni. E il tempo scandirà il successo o il fallimento dell’operazione”. Esattamente come scandirà il successo o il fallimento della partita dell’Ilva: “Un paese come il nostro deve avere la siderurgia, la chimica, l’energia, un sistema infrastrtutturale che funzioni. Sono gli elementi che danno l’idea del paese che sei, o che vuoi essere. In questo quadro Ilva è strategica, ma il governo sta cambiando direzione troppe volte”. E come se ne viene a capo? “Lo stato dovrebbe intervenire in Ilva non solo rafforzandola sul piano finanziario, ma impegnandovi anche il meglio delle sue aziende pubbliche: penso a Eni, o Enel, o Finmeccanica. Darebbero un apporto fondamentale per migliorarne il management, la gestione, la capacità di stare sul mercato”.

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