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Il coraggio di una nuova flessibilità

Redazione

La rivoluzione del lavoro passa dai nuovi contratti. Un’idea “smart” di Bonomi

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Confindustria chiede un cambiamento nientemeno che rivoluzionario per i contratti di lavoro. Lo scrive il presidente Carlo Bonomi in una lettera alle associazioni interne con cui sancisce la piena ripresa delle attività. Sì, non hanno mai chiuso quest’anno e quindi mai interrotto il presidio associativo, ma insomma se adesso si tratta di avviare una stagione nuova di relazioni industriali vale la pena usare un po’ di parole grosse. La rivoluzione cui si mira non è ben spiegata per la verità, ma succede sempre così con i grandi sommovimenti: l’importante è dare avvio ai moti rivoluzionari poi si vedrà che strada prendere. Difficile che i sindacati e la politica seguano il vessillo confindustriale sulle barricate, anzi, ben più probabile che mandino avanti la controrivoluzione in corso da anni, quella tradotta nel decreto “Dignità” e nello svuotamento del Jobs Act. Ma forse stavolta Confindustria ha qualche buona carta.

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Confindustria chiede un cambiamento nientemeno che rivoluzionario per i contratti di lavoro. Lo scrive il presidente Carlo Bonomi in una lettera alle associazioni interne con cui sancisce la piena ripresa delle attività. Sì, non hanno mai chiuso quest’anno e quindi mai interrotto il presidio associativo, ma insomma se adesso si tratta di avviare una stagione nuova di relazioni industriali vale la pena usare un po’ di parole grosse. La rivoluzione cui si mira non è ben spiegata per la verità, ma succede sempre così con i grandi sommovimenti: l’importante è dare avvio ai moti rivoluzionari poi si vedrà che strada prendere. Difficile che i sindacati e la politica seguano il vessillo confindustriale sulle barricate, anzi, ben più probabile che mandino avanti la controrivoluzione in corso da anni, quella tradotta nel decreto “Dignità” e nello svuotamento del Jobs Act. Ma forse stavolta Confindustria ha qualche buona carta.

 

Se è vero che bisogna fronteggiare un autunno difficile e che, pur con tutte le tutele rafforzate, molti posti di lavoro sono svaniti negli ultimi mesi, con un incattivimento verso donne e precari, allora qualche riflessione sulle forme contrattuali va fatta. E dalle riflessioni occorre anche rapidamente passare alle realizzazioni. Bonomi la prende da lontano, parla di “vecchio scambio tra salari e orari di inizio Novecento da rivedere”. Ma poi rende tutto contemporaneo, dicendo che da allora “lavoro, tecnologie, mercati e prodotti, e le modalità per produrli e distribuirli” sono stati rivoluzionati. E’ un’apertura verso nuove forme di flessibilità (da non intendere come modo per indebolire il lavoratore e basta) intelligenti e da utilizzare. Anche per dare un significato corretto e meno angusto all’espressione “smart working”, mal tradotta nella fretta della crisi sanitaria e trasformata solo nella libera scelta del luogo di lavoro purché non sia quello canonico. E’ chiaro che c’è molto di più e molto di smart da introdurre nei rapporti tra aziende e lavoratori. Si parta dalle tutele, dal mantenimento di quelle davvero sostanziali, e il resto allora potrebbe venire più facile. Sarebbe una rivoluzione di velluto allora e non darebbe luogo, come successe in altri casi, a esiti opposti a quelli desiderati.

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