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Pil ai minimi. La ripresa dell'economia passa dalle riforme

Renzo Rosati

I primati negativi accomunano il mondo, ma l'Italia sconta due crisi economiche non superate appieno e il fardello del debito pubblico. Idee dal passato renziano 

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Nel secondo trimestre il Pil italiano è in calo del 12,4 per cento; in termini tendenziali il 17,3. Il dato comunicato dall’Istat segue il meno 5,3 dei primi tre mesi, che abbracciava solo la prima fase di lockdown ed è definito “storico”. Non che gli altri paesi siano messi meglio. Il Pil della Francia è caduto, sempre nel secondo trimestre e su base annua, del 13,8 per cento (meno peggio delle previsioni); quello della Spagna del 22,1; la Germania del 10,1. Negli Usa crollo record del 32,9 per cento. I primati negativi accomunano il mondo, attesi ma non in queste proporzioni.

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Nel secondo trimestre il Pil italiano è in calo del 12,4 per cento; in termini tendenziali il 17,3. Il dato comunicato dall’Istat segue il meno 5,3 dei primi tre mesi, che abbracciava solo la prima fase di lockdown ed è definito “storico”. Non che gli altri paesi siano messi meglio. Il Pil della Francia è caduto, sempre nel secondo trimestre e su base annua, del 13,8 per cento (meno peggio delle previsioni); quello della Spagna del 22,1; la Germania del 10,1. Negli Usa crollo record del 32,9 per cento. I primati negativi accomunano il mondo, attesi ma non in queste proporzioni.

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Già il 3 luglio l’Istat aveva raffreddato le aspettative di ripresa rapida analizzando i fattori della situazione italiana. E indicando come il coronavirus abbia colpito il paese già “in una fase caratterizzata da una prolungata debolezza del ciclo, con il Pil cresciuto nel 2019 di appena lo 0,3 per cento”. A differenza del resto d’Europa, l’Italia non era mai uscita appieno dalle due precedenti crisi, del 2008 e poi del 2011 con il rischio default. Un barlume di ripresa lo si era visto dal 2015 al 2017 (3,4 cumulato), dal 2018 nuovo declino. Non può sfuggire il fatto che la fase migliore coincide con le pur timide riforme renziane del mercato del lavoro (Jobs act), delle banche, del taglio di Ires e Irap. Nonostante gli errori finali il Pd di allora di Renzi e Gentiloni ha portato a casa un aumento di fiducia di consumatori e imprese, il balzo dell’export e un più timido aumento della produzione industriale.

   

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Le contrazioni del 2018 e 2019, con il governo 5s-Lega, non sono del tutto attribuibili alla sbornia populista gialloverde; certo è che lo smantellamento delle riforme del lavoro (Reddito di cittadinanza e decreto Dignità) e della previdenza (Quota 100), ed il contestuale attacco all’Europa e alla Bce hanno dato una mano. Ora politicamente ne paga le conseguenze soprattutto il Pd, che si segnala per nessuna riforma, neppure dettata dall’emergenza e dall’urgenza di attingere agli aiuti locali. Il surreale dibattito sui banchi di scuola a rotelle ne è solo un esempio. Ancora peggio l’agenda autarchica delle opposizioni. Il mondo, probabilmente, si riprenderà. La stessa Francia segnala una ripresa delle costruzioni e dei consumi. L’Italia, as usual, seguirà a distanza, con un debito ancora più imponente e l’economia dimezzata; tanto più al nord con l’attenzione concentrata al sud.

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