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Nel Piano di riforma (Pnr), il governo parla di liberalizzazioni per non parlarne

Carlo Stagnaro

Le divisioni della maggioranza frenano la presentazione. Ulteriore guaio: poche idee e confuse. Resta il nodo 5g

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L’Italia è l’unico paese dell’Unione europea a non aver ancora presentato il Programma nazionale di riforma (Pnr). Rispetto agli altri ventisette, Gran Bretagna inclusa, che hanno rispettato la scadenza, ha un’aggravante e un’attenuante. L’aggravante è che noi siamo quelli che hanno più bisogno, e più urgenza, degli aiuti europei per uscire dalla crisi: dovremmo, quindi, essere i più collaborativi e determinati a definire un ambizioso pacchetto di misure pro crescita. L’attenuante è che le forze che compongono la maggioranza non solo non riescono a mettersi d’accordo, ma – se anche ce la facessero – non saprebbero cosa scrivere. Lo confermano le bozze del documento circolate nei giorni scorsi.

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L’Italia è l’unico paese dell’Unione europea a non aver ancora presentato il Programma nazionale di riforma (Pnr). Rispetto agli altri ventisette, Gran Bretagna inclusa, che hanno rispettato la scadenza, ha un’aggravante e un’attenuante. L’aggravante è che noi siamo quelli che hanno più bisogno, e più urgenza, degli aiuti europei per uscire dalla crisi: dovremmo, quindi, essere i più collaborativi e determinati a definire un ambizioso pacchetto di misure pro crescita. L’attenuante è che le forze che compongono la maggioranza non solo non riescono a mettersi d’accordo, ma – se anche ce la facessero – non saprebbero cosa scrivere. Lo confermano le bozze del documento circolate nei giorni scorsi.

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Uno dei capitoli più importanti è quello dedicato alla produttività, la cui stagnazione è una delle cause della nostra asfittica crescita. Tutti gli studi e le analisi concordano che una maggiore concorrenza potrebbe dare un importante contributo, riducendo le rendite di posizione e incoraggiando l’innovazione. La stessa Commissione europea insiste sul tema ogni anno nelle sue raccomandazioni, anche perché l’apertura dei mercati rappresenta un prezioso bacino di sviluppo senza esigere nulla (o quasi) dal bilancio pubblico, e anzi con potenziali ricadute positive di medio termine.

 

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Ebbene: il Pnr vi dedica una pagina scarsa (su 138). La premessa: “La crescita della produttività è insoddisfacente soprattutto nel settore dei servizi, in cui è necessario migliorare l’efficienza allocativa anche attraverso un alleggerimento della regolamentazione di svariati comparti, fra cui, ad esempio, la distribuzione di carburanti e le reti 5G”. L’intero paragrafo intitolato “liberalizzazioni” parla, incredibilmente, solo di queste due cose.

 

Con un duplice paradosso. Intanto, per quello che il Pnr dice: la distribuzione dei carburanti in rete è un settore ampiamente esposto alla concorrenza. E’ vero, come riconosce il Pnr, che permangono dei vincoli, legati perlopiù a norme regionali e ad alcuni obblighi introdotti anche a livello nazionale per favorire i carburanti eco-compatibili. Quanto al 5G, il governo riconosce che gli ostacoli alla sua diffusione nascono soprattutto dalle ordinanze dei sindaci, e se ne esce bel bello con queste parole: “Sarebbe auspicabile uniformare l’iter autorizzativo… definendo chiaramente le procedure e i moduli da utilizzare e chiarendo le disposizioni che possono dar luogo a dubbi”.

 

Con tutta la buona volontà, è difficile commentare – e ritenere credibile – un documento programmatico nel quale l’esecutivo, dopo aver individuato un problema, dice cosa “sarebbe auspicabile” fare per risolverlo, ma si guarda bene dal prendere qualunque impegno in tal senso o fornire dettagli su come intende muoversi. Tanto più che proprio il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, finora si è lavato le mani di fronte alle rimostranze degli operatori, che pure le frequenze (ancora da liberare) le hanno pagate in anticipo.

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Ancora più paradossale è quello che il Pnr non dice, come se invece non ci fosse l’imbarazzo della scelta. Nel settore dell’energia, per esempio, il completamento della liberalizzazione viene rinviato di anno in anno: il governo farà i provvedimenti attuativi, come tra l’altro chiede il Garante della Concorrenza (Antitrust) in una segnalazione appena inviata ai presidenti delle Camere? Le professioni regolamentate sono state investite da una vera e propria controriforma, con l’equo compenso che nella sostanza mette in discussione la libertà di prezzo.

 

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E che dire degli interventi smaccatamente anticoncorrenziali di cui lo stesso esecutivo si è reso protagonista? Dall’ennesima proroga delle concessioni balneari (questa volta fino al 2033) al salvataggio di Alitalia con annessa riforma del trasporto aereo per tagliare le gambe alle compagnie low cost, fino alla progressiva statalizzazione di imprese e settori cruciali (Tim, l’ex Ilva e forse anche le Atlantia/Autostrade).

 

Insomma, lo spazio e il modo con cui il Pnr parla di liberalizzazioni indicano chiaramente che il disinteresse per questi temi è inferiore solo all’incapacità di comprenderli.

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