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Intesa-Ubi. Botta e risposta Moratti-Messina

Mariarosaria Marchesano

Le ragioni della banca bresciana per il no all'ops. Messiah: "Abbiamo idee diverse sul consolidamento bancario"

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"Fermo restando il massimo rispetto per il consiglio di amministrazione e il management di Ubi, confermo che la nostra attenzione è rivolta agli azionisti: l'approvazione da parte di Consob del Documento di offerta e l'apertura del periodo di adesione fanno sì che da lunedì 6 e fino al 28 luglio saranno loro ad esprimersi su un progetto volto a creare un gruppo ai vertici europei del settore, rafforzando al contempo il contesto domestico". Risponde così l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina,  alle valutazioni espresse oggi dal consiglio di amministrazione di Ubi Banca sull’ops che punta a una fusione tra le due banche.

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"Fermo restando il massimo rispetto per il consiglio di amministrazione e il management di Ubi, confermo che la nostra attenzione è rivolta agli azionisti: l'approvazione da parte di Consob del Documento di offerta e l'apertura del periodo di adesione fanno sì che da lunedì 6 e fino al 28 luglio saranno loro ad esprimersi su un progetto volto a creare un gruppo ai vertici europei del settore, rafforzando al contempo il contesto domestico". Risponde così l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina,  alle valutazioni espresse oggi dal consiglio di amministrazione di Ubi Banca sull’ops che punta a una fusione tra le due banche.

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Durante una web conference finita nel tardo pomeriggio, il ceo di Ubi, Victor Massiah, ha illustrato l’aggiornamento del piano industriale annunciato il 17 febbraio, appena poche ore prima dell’offerta di Intesa Sanpaolo e a pochi giorni dallo scoppio dell’epidemia Covid, ma soprattutto il consiglio di amministrazione ha bocciato la proposta com’era nelle attese. E in che modo. “L’ops è inadeguata e pericolosa per gli azionisti e i territori dove opera Ubi”, ha detto il presidente Letizia Moratti, spiegando le tante ragioni per cui i soci non dovrebbero aderire alla proposta che è ancora al vaglio dell’Antitrust (che si esprimerà entro luglio) e proprio per questo, ha sintetizzato, è soggetta a potenziali ulteriori richieste di variazione del perimetro del gruppo risultante dalla fusione.

 
 
E’ toccato così all’ex sindaco di Milano affrontare per prima la delicata questione del rapporto della banca bresciano-bergamasca con il gruppo Intesa lasciando una porta aperta (“Il nostro compito come cda è fare l’interesse di tutti gli azionisti e gli stakeholder, quindi se ci dovesse essere chiesto da Intesa di negoziare siamo a disposizione”), ma non arretrando di un passo quando si è trattato di entrata nel merito del dissenso espresso dal consiglio sull’offerta.

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Al di là delle motivazioni di carattere economico – e cioè che l’ops non sarebbe conveniente perché non riflette il reale valore della banca e non remunera gli azionisti per i rischi connessi all’operazione – l’accento è stato posto sull’importanza che Ubi resti un soggetto indipendente per diventare poi fulcro di un processo di aggregazione che potrebbe portare alla creazione del terzo polo del credito in Italia.
 
“Noi pensiamo di essere una banca solida, non pensiamo di essere possibili target di acquisizioni di banche straniere ma un soggetto aggregatore, un’entità che consolida il mercato”, ha aggiunto Letizia Moratti confermando così il sentimento di autonomia che anima Ubi, che è disposta anche a “sposarsi” sul mercato ma alla pari. Una posizione ribadita da Massiah durante l’incontro (virtuale) con i giornalisti: “Ci avete trattati come aggregatori per sette anni e alla prima offerta che arriva ci trattate come un target strutturale”, ha sintetizzato con una battuta riferendosi alle tante indiscrezioni circolate su possibili aggregazioni (le più ricorrenti, quelle con Banco Bpm e Mps).

 

Il senso che ha voluto dare Massiah a queste parole è di non essere per principio contrario al consolidamento bancario, che rappresenta l’indirizzo strategico espresso dalla Bce, ma che esiste anche un “diverso modo di intenderlo” rispetto ad Intesa che con Ubi vorrebbe rafforzare la sua posizione di prima banca italiana.

 

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Alla fine, però, che cosa succederà con l’ops? Le posizioni delle due banche sembrano più mai divergere e il rischio di uno stallo è elevato. Se, infatti, l’offerta di Intesa non raggiungesse il 66,7 per cento delle adesioni, l’operazione andrebbe in porto lo stesso (perché è sufficiente la maggioranza), ma verrebbero meno i quorum assembleari per approvare poi la fusione con Ubi. E a quel punto Intesa e Ubi resterebbero due entità distinte.

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Alla fine, chiarita la posizione del consiglio di amministrazine di Ubi, bisogna vedere cosa ne pensano i suoi soci, quelli storici, il cui fronte anti Intesa appare meno compatto di qualche tempo fa, e gli investitori istituzionali, che potrebbero tendenzialmente essere favorevoli. Secondo i rumors di Borsa, che riflettono una visione pragmatica ma tante volte indovinano, un rilancio del prezzo da parte di Intesa (che per ora lo esclude) potrebbe chiudere la partita. La palla, insomma, passa al mercato, ma l’ultima parola spetterà all’Antitrust.

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