PUBBLICITÁ

I soliti alibi

Carlo Stagnaro

“L’Europa non fa abbastanza”, ripetono i sovranisti. Un modo come un altro per gettare la palla in tribuna

PUBBLICITÁ

Roma. Ma cosa vogliono, di preciso, i sovranisti che bocciano il Recovery fund? Ecco il commento di Matteo Salvini: “E’ l’ennesima dichiarazione: noi ci aspettiamo soldi veri, dall’Europa”. E Giorgia Meloni: “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità. Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”. Sarebbe facile liquidare queste reazioni con l’ironia. In fondo, Salvini era quello che voleva pagare i fornitori della Pa con ii minibot, cioè la versione italiana dei patacones argentini (il Foglio, 17 giugno 2019). Mentre Meloni, pur di smarcarsi dall’Europa, si è spinta a invocare l’intervento emergenziale del Fondo monetario internazionale (come ha spiegato Luciano Capone sul Foglio di giovedì), come i paesi in via di sviluppo sull’orlo del dissesto.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Roma. Ma cosa vogliono, di preciso, i sovranisti che bocciano il Recovery fund? Ecco il commento di Matteo Salvini: “E’ l’ennesima dichiarazione: noi ci aspettiamo soldi veri, dall’Europa”. E Giorgia Meloni: “Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità. Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente”. Sarebbe facile liquidare queste reazioni con l’ironia. In fondo, Salvini era quello che voleva pagare i fornitori della Pa con ii minibot, cioè la versione italiana dei patacones argentini (il Foglio, 17 giugno 2019). Mentre Meloni, pur di smarcarsi dall’Europa, si è spinta a invocare l’intervento emergenziale del Fondo monetario internazionale (come ha spiegato Luciano Capone sul Foglio di giovedì), come i paesi in via di sviluppo sull’orlo del dissesto.

PUBBLICITÁ

 

C’è, tuttavia, una contraddizione intrinseca. Sul piano pratico, l’accusa all’Europa di non fare abbastanza è sempre più insostenibile. L’Unione ha fatto in queste settimane uno sforzo senza precedenti: solo la Banca centrale europea si è impegnata ad acquistare, entro la fine dell’anno, debito italiano per circa 240 miliardi di euro. Tra Mes, Bei, fondi strutturali e programma Sure per il contrasto alla disoccupazione il nostro paese potrebbe attingere a risorse per quasi altri cento miliardi. E, adesso, il nuovo “Next Generation EU” dovrebbe rendere disponibili, a partire dal prossimo anno, oltre 170 miliardi, di cui 82 a fondo perduto. Tutto compreso, si tratta di una potenza di fuoco inimmaginabile fino a poco tempo fa.

 

PUBBLICITÁ

A cui va aggiunto il beneficio implicito di fare parte dell’Ue ed essere sotto l’ombrello della Bce, cosa che di per sé garantisce all’Italia di mantenere l’accesso al mercato e di pagare tassi di interesse modesti quando deve collocare i titoli del debito pubblico. Ora, è ovvio che queste risorse non possano essere prive di contropartita: se c’è una dimensione di solidarietà intra-europea, è ugualmente vero che gli altri stati membri hanno l’interesse a prevenire un default italiano. E’ però normale che vogliano la conferma che i finanziamenti saranno impiegati per garantire la coesione sociale e promuovere la produttività. Non si capisce, allora, in cosa i sovranisti possano sentirsi calpestati e derisi, se non nel fatto che è la loro stessa retorica ad apparire oggi del tutto priva di fondamento.

 

E questo ci porta all’altra faccia della moneta sovranista: come possono leader politici che hanno costruito l’intera loro narrazione sul mito dell’Europa brutta e cattiva trovarsi oggi a pretendere, da quella stessa Europa, un flusso di denaro inesauribile e incontrollabile? La rivendicazione della sovranità nazionale si accompagna, nell’iconografia della destra corporativa, con raffigurazioni belliche (“il Capitano”). Qui siamo oltre la trasfigurazione dell’elmo di Scipio in un più realistico scolapasta: abbiamo percorso tutta la strada con il cappello per chiedere l’elemosina, accompagnati però dalla presunzione di chi vorrebbe prendere il bottino e spenderlo senza rendere conto a nessuno e, addirittura, vive con frustrazione l’impegno a rendere i prestiti (un malessere che non riguarda solo i sovranisti: il premier Giuseppe Conte, sul Corriere di domenica, ribadiva il no al Mes con l’argomento: “Se chiedo in banca 37 miliardi poi li devo restituire”). E’ molto più coerente il sovranismo degli alleati di Salvini e Meloni – come il cancelliere austriaco Sebastian Kurz – i quali vorrebbero abbandonare l’Italia al suo destino o, quantomeno, pretendono di mettere il becco nelle nostre politiche di bilancio. D’altronde, quanto più i sovranisti abbaiano chiedendo altri soldi, tanto meno si prendono la briga di spiegare cosa vorrebbero farne. Pure questo è un vizio diffuso: ieri il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola ha dovuto richiamare all’ordine la sua stessa maggioranza, ricordando che i finanziamenti una tantum non possono essere usati per ridurre in modo strutturale le tasse. Insomma, l’Europa c’è e se non ci fosse saremmo già a gambe all’aria. Ma proprio per questo anche l’Italia deve fare la sua parte. La lamentela che “non è abbastanza” può essere una tattica raffinata per gettare la palla in tribuna. Ma è anche il migliore alibi per chi, osservando il nostro dibattito dall’esterno, potrebbe pensare con H. L. Mencken che dare soldi e potere ai politici italiani sia come dare ai propri figli adolescenti una bottiglia di whisky e le chiavi della macchina.

PUBBLICITÁ