PUBBLICITÁ

Vogliamo le banche come i medici

Giuliano Ferrara

La tragedia sociale ora è cosa seria e tocca chiedersi se gli sportelli bancari stanno proteggendo la sopravvivenza economica dei cittadini come hanno fatto i medici con la nostra salute. L’avanposto di cura materiale che serve con urgenza al paese

PUBBLICITÁ

La tragedia sociale o macelleria sociale urlata non è una nostra specialità giornalistica, siamo sempre stati diffidenti quando abbiamo scorto l’inganno ideologico dietro la falsa solidarietà sociale, le informazioni grottescamente apocalittiche, otto milioni di bambini poveri eccetera, le abbiamo doverosamente smascherate, e in generale non si può dire che siamo una tribuna di denuncia delle malefatte bancarie o della finanza. Anzi, all’inizio della crisi e della quarantena abbiamo pensato fosse giusto dire che stavolta la crisi è dell’economia reale e la finanza può essere, al contrario di quanto accaduto nel 2008 con tutti quei derivati andati a fuoco, il cavaliere bianco della salvezza liquida, finanziaria, delle attività industriali e commerciali e artigiane collassate. E ripetemmo un vecchio concetto già formulato al tempo della crisi greca: le banche sono quella cosa di cui tutti parlano male, d’accordo, ma quando i capitali non circolano più e i debiti sopraffanno la capacità finanziaria, il primo intermediario tra bisogni popolari e vita reale sono le banche, e la chiusura degli sportelli dimostrò che con queste istituzioni economiche e sociali non è saggio scherzare.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


La tragedia sociale o macelleria sociale urlata non è una nostra specialità giornalistica, siamo sempre stati diffidenti quando abbiamo scorto l’inganno ideologico dietro la falsa solidarietà sociale, le informazioni grottescamente apocalittiche, otto milioni di bambini poveri eccetera, le abbiamo doverosamente smascherate, e in generale non si può dire che siamo una tribuna di denuncia delle malefatte bancarie o della finanza. Anzi, all’inizio della crisi e della quarantena abbiamo pensato fosse giusto dire che stavolta la crisi è dell’economia reale e la finanza può essere, al contrario di quanto accaduto nel 2008 con tutti quei derivati andati a fuoco, il cavaliere bianco della salvezza liquida, finanziaria, delle attività industriali e commerciali e artigiane collassate. E ripetemmo un vecchio concetto già formulato al tempo della crisi greca: le banche sono quella cosa di cui tutti parlano male, d’accordo, ma quando i capitali non circolano più e i debiti sopraffanno la capacità finanziaria, il primo intermediario tra bisogni popolari e vita reale sono le banche, e la chiusura degli sportelli dimostrò che con queste istituzioni economiche e sociali non è saggio scherzare.

PUBBLICITÁ

 

Ora però bisogna sul serio stare attenti. La tragedia sociale non ha più niente di farlocco, di esagerato, di falsamente apocalittico, è semplicemente una realtà. La conosciamo tutti. Il blocco dell’esercizio imprenditoriale dei piccoli e dei piccolissimi, e la messa in cassa integrazione di una immane quantità di lavoratori e lavoratrici in ogni settore ha implicato la scomparsa materiale del reddito, e quando si parla di nuclei familiari che non arrivano alla fine del mese, dopo tante bellurie solidali da talk-show, stavolta è faccenda amara sotto gli occhi di chiunque. Ma si registra il fatto, a parte i diciannove documenti necessari per ottenere prestiti di quindicimila euro (Di Vico, Corriere) e la maggiore facilità per i top banana di ottenere sovvenzioni e aiuti dalla burocrazia pubblica e bancaria, che in un numero molto ampio di situazioni le banche non fanno il loro lavoro d’emergenza, cioè non si comportano come quei medici, infermieri e volontari che hanno protetto senza se e senza ma la salute fisica dei cittadini, proteggendone la sopravvivenza economica, cioè la sopravvivenza punto e basta.

 

PUBBLICITÁ

Non è solo una questione etica o solidale. E’ una grande questione politica. Non riguarda solo la dipendente della mensa o del call center che da due mesi non riesce a ottenere l’anticipo bancario sulla cig e sulla cig in deroga. E già questo sarebbe parecchio. Si tratta della consapevolezza, che evidentemente manca, di quanto sia cruciale mantenere un rapporto sano e costruttivo tra soggetti di mercato e società civile o popolo, come preferite. Se qualcosa della logica di una società aperta e mondializzata, capace di essere una forma anche protettiva del capitalismo e del mercato socialmente orientato, è sopravvissuta nelle ripetute crisi dell’euro e finanziarie lo si deve al whatever-it-takes della Bce di Mario Draghi. Se c’è una speranza di sfangare l’inabissamento europeo, questa è dovuta al fatto che nel giro di poco tempo a partire dal Consiglio europeo una cifra intorno ai millecinquecento miliardi diventerà disponibile in una logica comunitaria e intimamente solidale. Alesina e Giavazzi hanno scritto quanto sia decisivo il ruolo della liquidità, principale antivirale nel contesto della crisi drammatica del corona-pil. Ma se da subito le banche non saranno in grado di superare gli intoppi e le difficoltà, anche con uno sforzo soggettivo, con un coordinamento dall’alto delle politiche di credito e delle norme materiali, se non saranno in grado di soddisfare i bisogni primari che stato e burocrazia spesso rendono assurdamente inesigibili nel dedalo di norme e percorsi da astratto stato di diritto finanziario, le banche perderanno ogni titolo per essere difese a nome del mercato aperto e di una società che pensa la finanza senza paraocchi e pregiudizi. Con serie conseguenze. A ogni costo, whatever-it-takes, lo sportello bancario e l’ufficio crediti devono diventare un avanposto di cura materiale, concreta, rapida dell’economia dei sommersi.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ