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L’Omt non è più un tabù

Luciano Capone

L’aiuto del Mes, e poi della Bce, hanno senso se tutti si impegnano in un nuovo “whatever it takes” per restare nell’euro

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Roma. “Forse non è necessario chiedere l’intervento del Mes”, dice al Foglio il prof. Giovanni Tria, dopo una giornata in cui lo spread è schizzato a 330 punti, ai massimi da 7 anni, per poi scendere a 250 e chiudere a 271. “Ma di certo il problema non è la condizionalità da sottoscrivere per accedere – prosegue l’ex ministro dell’Economia – anzi, se le condizioni in una fase delicata come questa sono ragionevoli, sarebbe un fattore positivo che rassicurerebbe i mercati. Vuol dire che l’Italia, che ha un debito sostenibile, si impegna a fare le cose giuste per superare questo choc sanitario”. Le parole dell’ex ministro dell’Economia non sono molto diverse da quelle di Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi: “L’Italia potrebbe essere riluttante ad accettare la condizionalità di un programma – ha scritto su Promarket, il blog dello Stigler Center –. Ma in questo caso, la condizionalità dovrebbe essere molto limitata e facile da definire”. 

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Roma. “Forse non è necessario chiedere l’intervento del Mes”, dice al Foglio il prof. Giovanni Tria, dopo una giornata in cui lo spread è schizzato a 330 punti, ai massimi da 7 anni, per poi scendere a 250 e chiudere a 271. “Ma di certo il problema non è la condizionalità da sottoscrivere per accedere – prosegue l’ex ministro dell’Economia – anzi, se le condizioni in una fase delicata come questa sono ragionevoli, sarebbe un fattore positivo che rassicurerebbe i mercati. Vuol dire che l’Italia, che ha un debito sostenibile, si impegna a fare le cose giuste per superare questo choc sanitario”. Le parole dell’ex ministro dell’Economia non sono molto diverse da quelle di Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi: “L’Italia potrebbe essere riluttante ad accettare la condizionalità di un programma – ha scritto su Promarket, il blog dello Stigler Center –. Ma in questo caso, la condizionalità dovrebbe essere molto limitata e facile da definire”. 

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E il programma e le condizioni stavolta sono davvero molto semplici: “Spendere tutto ciò che è necessario per contenere la crisi e impegnarsi a liquidare tutto al termine della crisi. Punto. Nessuno stigma”. Tra le indiscrezioni della stampa tedesca, che parla di una richiesta italiana già effettuata, e le ovvie smentite italiane, le voci di un possibile ricorso dell’Italia al Fondo salva stati (Mes) per contrastare gli effetti economici si fanno sempre più intense. Il ricorso al Mes, particolare non di poco conto, è necessario per accedere alle Outright monetary transactions (Omt), il programma di acquisto diretto dei titoli di stato da parte della Bce, che manterrebbe basso lo spread e i rendimenti. “Un supporto a un paese membro che ha bisogno di aiuto, che può essere fornito a un costo probabilmente zero e che, nel frattempo, salva la zona euro”, dice sempre Blanchard.

 

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Naturalmente il possibile ricorso al Mes non deve essere inteso, date le circostanze, come quello avvenuto per la Grecia. E forse, proprio per questo, anche le modalità dovrebbero essere diverse. Non quindi un salvataggio una volta che il paese ha perso l’accesso ai mercati, con addirittura l’eventualità di una ristrutturazione del debito (cosa che è accaduta solo per la Grecia e non per Spagna, Portogallo, Cipro e Irlanda), ma l’apertura di una linea di credito precauzionale. Il Mes prevede due diversi strumenti: la Linea di credito condizionale precauzionale (Pccl), che però è riservata ai paesi che rispettano tutti gli stringenti parametri europei; e la Linea di credito a condizioni rafforzate (Eccl) che è invece destinata ai paesi con una situazione finanziaria solida ma che non rispettano tutti i criteri europei, pertanto a questi paesi vengono chieste delle condizioni attraverso un memorandum.

 

L’Italia ovviamente è in questa seconda situazione. E, per quanto lasche possano essere queste condizioni, la firma di un memorandum potrebbe produrre un “effetto stigma”, ovvero inviare ai mercati un segnale che la situazione appaia più grave di quanto non sia in realtà. Per questo motivo si discute della possibilità che l’intervento del Mes non arrivi su richiesta di un solo paese, l’Italia, ma di un gruppo di stati come Spagna, Portogallo e possibilmente anche Francia, a indicare che questa non è una crisi finanziaria di un solo paese, ma uno choc che colpisce l’Eurozona. L’intervento del Mes che, cosa più importante, apre le porte a un intervento della Bce armata di bazooka mostrerebbe chiaramente il “whatever it takes” delle istituzioni europee.

 

Però affinché la formula coniata da Mario Draghi sia credibile c’è bisogno di un impegno politico, che deve provenire da due lati. Da quello europeo con qualche dichiarazione più esplicita, soprattutto da parte tedesca, che sottolinei come la pessima frase sugli spread della presidente della Bce Christine Lagarde sia stata realmente una gaffe e non di un pensiero che realmente alberga nell’Eurotower (e nella Bundesbank).

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Dal lato italiano serve un altrettanto esplicito impegno da parte di tutta la classe politica a fare tutto ciò che è necessario per restare nell’euro. Abbiamo già visto le polemiche assurde contro il Mes, all’interno della maggioranza con il M5s e da parte dell’intera opposizione con Lega e Fdi in testa. Ora è il momento che tutti i partiti facciano chiarezza. Pochi mesi fa il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, ipotizzava un governo Draghi di unità nazionale: se quell’idea era reale, lo spirito alla base non può che essere un “whatever it takes” politico per restare nell’euro. Se invece la Lega vuole approfittare di questa crisi per portare l’Italia fuori dall’euro, deve dirlo chiaramente. Non è tempo di ambiguità.

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