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La Bce stampi moneta per aiutare i paesi sotto attacco ed evitare la fine dell’euro

Guido Tabellini

Serve un impegno a massicci acquisti di titoli di stato per sopperire a carenze di liquidità. Lo choc sarà molto profondo, più del 2009

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Per chi non lo avesse ancora capito, questa sarà una crisi esistenziale per l’area euro. E anche questa volta, il comportamento della Bce sarà determinante per come andrà a finire. Ormai è chiaro che il diffondersi dell’epidemia causerà una recessione mondiale più profonda di quella del 2008-09. Nello scenario di base per il 2020, analisti autorevoli prevedono una crescita del -5 per cento per l’Eurozona (-2 per cento nello scenario migliore, -10 per cento in quello peggiore). Vi sono previsioni un po’ migliori, altre peggiori. Molto dipenderà dalla durata del contagio, che nessuno sa prevedere. Ma questo è l’ordine di grandezza di ciò che può capitare all’economia reale nei prossimi trimestri. In questa situazione, il compito della politica economica è abbastanza chiaro, almeno dal punto di vista generale. Nessuno può evitare la recessione. Ma la politica fiscale deve sostenere i redditi delle famiglie e i bilanci delle imprese, per evitare fallimenti, perdite di posti di lavoro, e il diffondersi del calo della domanda aggregata.

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Per chi non lo avesse ancora capito, questa sarà una crisi esistenziale per l’area euro. E anche questa volta, il comportamento della Bce sarà determinante per come andrà a finire. Ormai è chiaro che il diffondersi dell’epidemia causerà una recessione mondiale più profonda di quella del 2008-09. Nello scenario di base per il 2020, analisti autorevoli prevedono una crescita del -5 per cento per l’Eurozona (-2 per cento nello scenario migliore, -10 per cento in quello peggiore). Vi sono previsioni un po’ migliori, altre peggiori. Molto dipenderà dalla durata del contagio, che nessuno sa prevedere. Ma questo è l’ordine di grandezza di ciò che può capitare all’economia reale nei prossimi trimestri. In questa situazione, il compito della politica economica è abbastanza chiaro, almeno dal punto di vista generale. Nessuno può evitare la recessione. Ma la politica fiscale deve sostenere i redditi delle famiglie e i bilanci delle imprese, per evitare fallimenti, perdite di posti di lavoro, e il diffondersi del calo della domanda aggregata.

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Lo choc sarà profondo, ma auspicabilmente di breve durata. I numeri però sono importanti per capire che la politica fiscale da sola non basta. A fronte di una caduta del reddito di questa entità, una politica fiscale adeguata unita alla recessione comporterà aumenti del debito pubblico di almeno dieci punti percentuali rispetto al reddito nazionale in molti paesi, probabilmente di più in un paese come l’Italia dove il debito ha già raggiunto il 135 per cento del reddito nazionale. Senza il sostegno della politica monetaria, e data la situazione di esasperata volatilità sui mercati finanziari, i paesi più deboli rischierebbero di non trovare più acquirenti per il loro debito pubblico. Come sta accadendo nei paesi industriali fuori dall’euro, la politica fiscale dovrebbe essere accompagnata da un impegno della Banca centrale a fare massicci acquisti di titoli di stato, per sopperire alle carenze di liquidità. Ad esempio, la Federal Reserve americana ha annunciato che, tra i molti altri provvedimenti, farà acquisti di almeno 500 miliardi di dollari di titoli di stato americani e di 200 miliardi di titoli emessi dalle agenzie federali. Ma nella zona euro, c’è il fondato timore che questo potrebbe non avvenire.

 

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Alla gaffe del presidente della Bce di alcuni giorni fa, ieri se ne è aggiunta una seconda: il governatore della Banca centrale dell’Austria, Robert Holzmann, ha dichiarato in un’intervista che la politica monetaria europea ha raggiunto i suoi limiti. Questa volta la Bce ha prontamente emesso un comunicato smentendo le dichiarazioni del governatore. Ma in questo contesto di esasperata volatilità, le parole non sono sufficienti. Le gaffe del presidente Lagarde e del governatore Holzmann non sono solo il sintomo di imprudenza e impreparazione. Esse riflettono anche divisioni profonde all’interno della Bce e tra i paesi dell’euro. I mercati ormai temono che il “whatever it takes” di Mario Draghi sia stato abbandonato e che al momento del bisogno la Bce non darà il sostegno necessario ai paesi sotto attacco.

 

Per evitare che alla gravissima crisi economica si aggiunga una ancor più grave crisi finanziaria, la Bce dovrebbe dare seguito alle parole con alcuni fatti concreti, e dovrebbe farlo subito. In particolare, dovrebbe annunciare che, per far fronte all’emergenza economica, non vi saranno limiti all’acquisto di titoli di stato dei paesi dell’euro (oggi gli acquisti di titoli di stato da parte della Bce sono ripartiti tra gli stati in base alle loro quote nel capitale della Bce, e sono soggetti a dei tetti riguardanti i singoli stati e le singole emissioni), e che gli acquisti saranno rivolti soprattutto ai mercati sotto stress. Dopo di che, dovrebbe agire di conseguenza.

 

Lo choc economico causato dal Covid-19 è uno hoc comune a tutti i paesi. Non c’è bisogno di trasferimenti tra stati, siamo tutti colpiti dallo stesso male. Occorre però che la politica monetaria consenta alle politiche fiscali nazionali di svolgere il loro compito, facendo da argine contro la speculazione e fornendo la liquidità e i finanziamenti necessari. Stampare moneta per finanziare l’espansione fiscale non causerebbe inflazione in queste circostanze. Al contrario, è l’unico modo per evitare che l’inevitabile recessione causi anche deflazione. Anche la condivisione dei rischi di insolvenza di uno stato sovrano sarebbe limitata: in base alla prassi seguita durante la crisi precedente, l’80 per cento degli acquisti dei titoli di stato da parte della Bce è a carico delle banche centrali nazionali.

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Nella precedente crisi finanziaria, la politica monetaria alla fine ha fatto ciò che doveva. Ma è arrivata tardi, e ciò ha causato enormi danni economici e politici. Ripetere gli errori del passato questa volta potrebbe avere conseguenze irrimediabili.

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