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Italia in stagnazione ma uscirà prima di altri paesi dall’emergenza

Mariarosaria Marchesano

Il paese sta pagando il prezzo di restrizioni che Francia e Germania non hanno ancora affrontato. Parla Carlo Altomonte (Bocconi)

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Milano. In Italia, se tutto va bene, ci sarà una stagnazione con il pil che quest’anno sarà pari a zero. L’Ocse ha sintetizzato così la previsione d’impatto del coronavirus sull’economia del nostro paese, che più di altri nell’Eurozona (che arretrerà dello 0,3 per cento, mentre l’economia mondiale perderà mezzo punto di crescita) è esposto agli choc esterni ed è per questo che sta perdendo terreno sui mercati internazionali con lo spread salito alla soglia di 180 punti base. Ieri è stata una nuova giornata di vendite febbrili a Piazza Affari, la quinta consecutiva dal 25 febbraio con l’indice Ftse Mib che ha perso oltre il 17 per cento dai livelli massimi raggiunti solo venti giorni fa. C’è da dire che tutti i mercati finanziari sono da giorni sotto pressione per il ritmo con cui il virus si sta diffondendo. Ma mentre la Borsa di Milano appare insensibile alla possibilità che si sta delineando di nuovi stimoli monetari, gli altri listini europei riescono almeno a tenere i nervi sotto controllo e addirittura quelli asiatici e americani stanno già cominciando a reagire positivamente alla prospettiva di un intervento da parte delle banche centrali.

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Milano. In Italia, se tutto va bene, ci sarà una stagnazione con il pil che quest’anno sarà pari a zero. L’Ocse ha sintetizzato così la previsione d’impatto del coronavirus sull’economia del nostro paese, che più di altri nell’Eurozona (che arretrerà dello 0,3 per cento, mentre l’economia mondiale perderà mezzo punto di crescita) è esposto agli choc esterni ed è per questo che sta perdendo terreno sui mercati internazionali con lo spread salito alla soglia di 180 punti base. Ieri è stata una nuova giornata di vendite febbrili a Piazza Affari, la quinta consecutiva dal 25 febbraio con l’indice Ftse Mib che ha perso oltre il 17 per cento dai livelli massimi raggiunti solo venti giorni fa. C’è da dire che tutti i mercati finanziari sono da giorni sotto pressione per il ritmo con cui il virus si sta diffondendo. Ma mentre la Borsa di Milano appare insensibile alla possibilità che si sta delineando di nuovi stimoli monetari, gli altri listini europei riescono almeno a tenere i nervi sotto controllo e addirittura quelli asiatici e americani stanno già cominciando a reagire positivamente alla prospettiva di un intervento da parte delle banche centrali.

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Un taglio di 100 punti base del tasso ufficiale d’interesse negli Stati Uniti entro il prossimo giugno (a partire dalla prossima riunione del Fomc prevista per il 18 marzo) è quanto la Federal Reserve potrebbe mettere in atto come “antidoto” al virus ciense secondo un’analisi di Goldman Sachs, che arriva ad ipotizzare manovre a cascata da parte di altre banche centrali, compresa la Bce guidata da Christine Lagarde che apporterebbe, però, una riduzione di soli 10 punti base. Ed è proprio questo il punto, come spiega al Foglio Carlo Altomonte, ordinario di politiche economiche europee all’Università Bocconi e membro del think thank Bruegel: “Gli spazi di manovra della Bce sono ormai molto ridotti e l’impressione generale è che l’economia dell’Eurozona possa essere stimolata solo con un mix di politiche monetarie e fiscali insieme. Perciò sarà determinante questa settimana in cui è prevista sia la riunione dei ministri finanziari dell’Ecofin sia l’incontro dei capi dei dicasteri della salute”.

 

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Insomma, la reazione differenziata dei mercati finanziari dipende, secondo Altomonte, dalla diversa percezione dell’efficacia degli stimoli monetari. Molte banche centrali sono già al massimo della loro capacità di accomodamento e nell’Eurozona si sta facendo largo la convinzione che tagliare i tassi da una base già molto bassa o aumentare gli acquisti di titoli con il Quantitative easing non sia sufficiente e che occorreranno azioni più decise da parte degli stati. La stessa Ocse, del resto, ha ammesso che questo “episodio di bassa crescita” rafforza la necessità di maggiori investimenti pubblici, inclusi quelli nella scuola e nella sanità in molti paesi dell’area euro dove maggiore è stato il freno alla spesa pubblica dopo la crisi finanziaria. E sembra aver apprezzato la mossa del ministro del Tesoro italiano, Roberto Gualtieri, di stanziare 3,6 miliardi per l’emergenza, cosa che non dovrebbe trovare ostacoli da parte dell’Unione europea. “In questo momento l’Italia sta pagando sui mercati internazionali un doppio prezzo: da un lato, la reazione dei consumatori alla diffusione dell’epidemia porta a una riduzione della domanda, in particolare nel settore del turismo e dei servizi. Dall’altro, le misure restrittive messe in atto dal governo e dalle istituzioni per contrastare il virus comportano, con la modifica degli orari di lavoro e della normale organizzazione aziendale, effetti negativi anche dal lato dell’offerta”, prosegue l’economista. E’ anche vero, però, che se tali misure funzioneranno, “l’Italia uscirà prima da un’emergenza che paesi come Francia e Germania non hanno ancora affrontato ma che, per la velocità con cui l’epidemia si sta diffondendo in un mondo globalizzato, potrebbero prima o poi dover affrontare. Insomma, per la fine di questa settimana la posizione dell’Italia rispetto al resto dell’Eurozona potrebbe essere meno asimmetrica rispetto ad oggi, con le relative implicazioni positive in termini di spread”.

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