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Così il populismo industriale è stato messo a nudo sul caso Whirpool

Barbara D’Amico

Lavoratori illusi, mercato congelato, piani rinviati, ministri furbacchioni. Dove nasce il disastro dello stabilimento napoletano

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Torino. A volare doveva essere il rilancio di Whirlpool, invece il 29 gennaio sono stati spintoni, urla e l’esasperazione dei lavoratori a dare la sveglia a sindacati e politica. Forse i 420 addetti riuniti sotto il Mise si aspettavano un esito diverso delle trattative in corso, specie dopo mesi di dichiarazioni roboanti e soluzioni sbandierate prima da Luigi Di Maio e poi da Giuseppe Conte per impedire alla multinazionale americana degli elettrodomestici di abbandonare la Campania e licenziare le maestranze. E invece è stato il segretario Fim Cisl Marco Bentivogli a dover dare la notizia, prendendosi gli insulti. La Whirlpool a Napoli chiude – la produzione, spiega l’azienda, non è sostenibile e le perdite dello stabilimento sono nell’ordine dei 20 milioni di euro l’anno – ma lo farà il 31 ottobre anziché il 31 marzo. Una manciata di mesi di operatività in più è infatti ciò che l’Italia è riuscita a ottenere dopo un anno di tira e molla. Il governo però conta di trovare entro luglio un nuovo investitore e rielaborare un piano b.

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Torino. A volare doveva essere il rilancio di Whirlpool, invece il 29 gennaio sono stati spintoni, urla e l’esasperazione dei lavoratori a dare la sveglia a sindacati e politica. Forse i 420 addetti riuniti sotto il Mise si aspettavano un esito diverso delle trattative in corso, specie dopo mesi di dichiarazioni roboanti e soluzioni sbandierate prima da Luigi Di Maio e poi da Giuseppe Conte per impedire alla multinazionale americana degli elettrodomestici di abbandonare la Campania e licenziare le maestranze. E invece è stato il segretario Fim Cisl Marco Bentivogli a dover dare la notizia, prendendosi gli insulti. La Whirlpool a Napoli chiude – la produzione, spiega l’azienda, non è sostenibile e le perdite dello stabilimento sono nell’ordine dei 20 milioni di euro l’anno – ma lo farà il 31 ottobre anziché il 31 marzo. Una manciata di mesi di operatività in più è infatti ciò che l’Italia è riuscita a ottenere dopo un anno di tira e molla. Il governo però conta di trovare entro luglio un nuovo investitore e rielaborare un piano b.

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Tutto da rifare. Nuovo piano industriale (con aiuto di Invitalia) e forse anche nuovi proprietari. Un percorso che non spaventa i tecnici ma scontenta sindacati e lavoratori convinti che non occorra cercare nuove soluzioni ma far funzionare le vecchie: far rispettare all’azienda l’accordo di rilancio siglato un anno fa proprio con il governo. Da lì le sigle non si spostano, tanto che hanno già approvato un pacchetto di 16 ore di scioperi, otto da attuarsi nei prossimi giorni direttamente negli stabilimenti Whirlpool in tutta Italia, e altre otto da inserire in una mobilitazione nazionale. Barbara Tibaldi, che insieme a Francesca Re David era presente al tavolo di mercoledì per conto di Fiom Cgil, spiega infatti che “l’obiettivo non è cambiato ma resta quello di far rispettare all’azienda l’accordo siglato un anno fa, quello che prevede il rilancio delle produzioni ma che praticamente non è stato mai pienamente attuato”. Il timore è che dandola vinta sulla dismissione campana, si produca un effetto domino con chiusure progressive della multinazionale anche negli altri stabilimenti. Uno scenario apocalittico, ma del resto impossibile da arginare in un regime di libero mercato.

 

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E forse l’errore strategico è proprio questo: pensare di poter imporre in extremis ad aziende private il rilancio della produttività siglando in accordi principi che invece andrebbero strutturati a monte. Possibilmente all’interno di un piano industriale che l’Italia non ha. “Vengo ora da un’assemblea dei lavoratori qui a Napoli e le immagini che circolavano di più erano quelle dei post e dei video di Di Maio e Conte sulle promesse fatte e non mantenute”, continua Tibaldi. “Questo per dire che se si promette troppo, poi è normale che scoppino le frustrazioni a risultati non ottenuti”. Suonano quindi ancora più contraddittorie le parole con cui Stefano Patuanelli, che per il governo doveva guidare la vertenza fuori dall’impasse, ha commentato la posticipazione della chiusura. E’ “inaccettabile che l’azienda prenda decisioni in maniera unilaterale”, ha spiegato. Ma qui l’unica unilateralità sembra essere quella di un esecutivo che parte in quarta senza aver predisposto la strada.

 

“Quello che sta facendo Whirlpool è sbagliato e noi ieri (29 gennaio ndr) abbiamo fatto un’operazione che Conte non è riuscito a fare: cioè ottenere una dilazione ulteriore, abbiamo guadagnato tempo per evitare la chiusura dello stabilimento”, ribadisce al Foglio anche il segretario della Uilm, Rocco Palombella che non risparmia critiche alle aspettative tradite. “Avere già 160-170 tavoli di concertazione aperti a livello nazionale vuol dire che il problema del rilancio industriale non è locale né affrontabile come fa la politica italiana solo sull’onda dell’emergenza. Conte ha promesso di tutto, incentivi, sostegno, supporto ma il punto è che manca uno studio di settore, di mercato, un piano”.

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