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Evitata la “tassa Salvini”

Redazione

Lo spread scende di 15 punti dopo il voto in Emilia, ma è ancora troppo alto

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In una giornata difficile sui mercati, causa Cina, lo spread dell’Italia è sceso di 15 punti, a 140, dopo l’esito delle elezioni in Emilia-Romagna. Il che corrisponde a un rendimento dei Btp decennali di poco più di un punto, con un risparmio, se il livello venisse mantenuto, del 15 per cento per i contribuenti.

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In una giornata difficile sui mercati, causa Cina, lo spread dell’Italia è sceso di 15 punti, a 140, dopo l’esito delle elezioni in Emilia-Romagna. Il che corrisponde a un rendimento dei Btp decennali di poco più di un punto, con un risparmio, se il livello venisse mantenuto, del 15 per cento per i contribuenti.

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Non è improprio dire che si è evitata una “tassa Salvini”, che si era manifestata con più evidenza a maggio 2018, con le minacce del programma leghista-grillino di non restituire i debiti con la Banca centrale europea. E che poi aveva rialzato la testa nell’autunno 2018 con Di Maio & Company che festeggiavano lo sforamento del deficit dal balcone di palazzo Chigi e a maggio 2019 con la procedura di infrazione per debito contro il governo gialloverde.

 

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Dunque lo spread e la conseguente tassa andrebbero più correttamente addebitati non solo al becero antieuropeismo della Lega ma anche all’incapacità di governo dei 5 stelle. A settembre l’harakiri della Lega fu salutato da uno speranzoso spread a 130, poi risalito a 160-150 in coincidenza della non esaltante manovra di bilancio stavolta giallorossa, e delle tensioni tra i grillini. Ora i mercati riprovano a dar fiducia all’Italia, puntando però più sulla durata del governo (i 5 stelle si suiciderebbero con le elezioni) che sulla sua qualità. Diversamente non si spiega perché Portogallo e Spagna abbiano un differenziale pari alla metà dell’Italia.

 

Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa, sostiene che lo spread “giusto” dell’Italia è di 100 punti. Sarebbe più logico parlare di spread ottimale per l’enorme debito pubblico da finanziare con rendimenti appetibili ma sostenibili, debito che neppure questo governo riesce a far scendere. E se oggi il Pd, che festeggia a Bologna e al Nazareno, pur disponendo dei ministeri economici chiave e di personalità competenti e rispettate a Bruxelles, non riprende il percorso riformista e dunque europeo su pensioni, lavoro, fisco e spesa pubblica, anziché assecondare l’assistenzialismo dei sempre più deboli alleati ma anche della propria anima conservatrice, continueremo a scontare una credibilità dimezzata rispetto a spagnoli e portoghesi, per non parlare dei francesi. Pagando di conseguenza.

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