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Un tranquillo weekend di paura all’Ilva

48 ore di indiscrezioni e suggestioni per aiutare il siderurgico. Dubbi
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Si è fatto pure il nome di Fiat per aiutare l’Ilva, ipotesi in circolazione a Taranto venerdì sera di cui non ci sono conferme ufficiali: se Marchionne prenderà l’area a freddo – questo il ragionamento – potrà rifornire di laminati e zincati i suoi stabilimenti italiani, come quello di Melfi in Basilicata ad esempio. Ipotesi ardita.

 

E poi, altra indiscrezione, si  torna a parlare di una cordata di imprenditori interessati a prendere in affitto un ramo d’azienda. Chi? Per esempio Giovanni Arvedi, proprietario tra l’altro della ferriera di Servola (Trieste), ci starebbe pensando, si mormora. Come? Una cordata avrebbe il favore della Cassa depositi e prestiti che, in caso, è incline a partecipare. Il presidente di Cdp, Costamagna, si starebbe spendendo personalmente in queste ore per cercare dei partecipanti, con appuntamenti per consultazioni già fissati da qui a fine anno almeno.

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[**Video_box_2**]La cordata non si è nemmeno palesata ma ecco che, in questa ridda di rumor, c’è chi avrebbe già identificato il poteziale manager al vertice. Ossia Paolo Scaroni, Deputy Chairman di Rothschild, la società di consulenza cui si affidò il commissario Gnudi quando cercava acquirenti per Ilva. Scaroni, interpellato per sms, dice di non saperne niente. Vedremo. Intanto Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, uno dei più attenti osservatori della crisi del siderurgico, domenica ha firmato un articolo programmatico sul Sole 24 Ore: via il grande altoforno, dentro due forni elettrici, uso del preridotto, sfruttamento del gas per abbattere le emissioni. Ricorda un po’ il piano Bondi del 2014, un’idea suggestiva ma che richiede anni per essere messa in pratica.

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