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L'Istat e i sommersi che Di Maio non vede

Redazione

Nulla per i giovani e per la stabilizzazione, poco per le politiche attive

Rallegrarsi è doveroso: l’Istat certifica il più alto tasso di occupazione (59 per cento) mai raggiunto in Italia. E però anche preoccuparsi, si deve, ad analizzare i dati con più attenzione. Soprattutto per tre motivi. Il primo è la condizione dei giovani: la fascia degli under 25 è l’unica in cui, tra luglio e agosto 2018, si registri un aumento (due decimali) del tasso di disoccupazione (31 per cento), e un contestuale calo dell’occupazione. C’è poi un’esplosione dei contratti a termine: +12,6 per cento nel corso dell’ultimo anno. Infine, la crescita del fronte degli inattivi (+46.000 su base mensile) dimostra, in controluce, l’inefficienza delle politiche attive. Ma a ben vedere, più ancora che questi tre elementi di allarme – messi in luce, tra gli altri, da Francesco Seghezzi del centro Adapt – a preoccupare sono soprattutto le misure che il governo grilloleghista sta adottando, o non sta adottando, per affrontare i problemi indicati. Nel Def vengono stanziate molte risorse per i pensionati, ma c’è assai poco, anzi nulla, per i giovani. Contratti a termine? Di Maio li ha combattuti riducendone la durata massima, ma senza alcun incentivo alla stabilizzazione. E anzi, l’estensione del regime forfettario farà sì che molto lavoro potenzialmente dipendente verrà trasformato in partite Iva più o meno fittizie. Quanto alle politiche attive, il M5s è convinto di poterle rilanciare soprattutto attraverso la ristrutturazione dei centri per l’impiego: impresa titanica, specie se si prevede di realizzarla nel giro di qualche mese per poi poter attivare il reddito di cittadinanza. Si parla di “jobs center”, ora: ma l’impressione, a leggere le prime indicazioni fornite dal M5s, è che a cambiare davvero sia solo il nome.