La presentazione del rapporto Istat 2018 (foto LaPresse)

Vecchi, sterili e fragili. E' l'Italia vista dall'Istat

Redazione

Siamo il secondo paese più anziano al mondo dopo il Giappone, le nascite continuano a diminuire, le donne diventano mamme sempre più tardi e il peso del sostegno sociale ricade soprattuto sulle famiglie

Nel 2017 la popolazione italiana è diminuita di quasi 100mila persone rispetto all'anno precedente confermando un trend negativo iniziato nel 2015. L'Istat oggi ha presentato alla Camera il Rapporto annuale 2018 sulla situazione del paese che certifica come l'Italia sia il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone, con 168,7 anziani ogni 100 giovani.

 

Al 1° gennaio 2018, la popolazione italiana è pari a 60,5 milioni di residenti, con un'incidenza degli stranieri dell'8,4 per cento (5,6 milioni), in aumento di 18mila persone rispetto all'anno precedente (tenendo conto di ingressi, uscite e acquisizioni di cittadinanza).

 

L'invecchiamento della popolazione si combina con il calo delle nascite, che secondo l'istituto di ricerca dura ormai da nove anni consecutivi. Nel 2017 il dato è tuttavia diminuito del 2 per cento rispetto all'anno precedente, registrando il nuovo minimo storico con 464mila nascite. La presenza di stranieri, in media più giovani e più fertili, non ha portato all'aumento dei nuovi nati in Italia e anzi dal 2012 il contributo della popolazione straniera residente è diminuito. Nel 2017 i nati con almeno un genitore straniero sono stati intorno ai 100mila (21,1 per cento del totale dei nati). A diminuire sono stati, in particolare, i nati da genitori entrambi stranieri, con una stima pari a 66mila nel 2017 (14,2% sul totale delle nascite).

 

Si diventa genitori sempre più tardi: nel 2016, l'età media di una donna al momento del primo figlio è stata di 31 anni, in continuo aumento dal 1980, quando era di 26 anni. L'Istat ha studiato inoltre come sia cambiato il numero dei componenti di un nucleo familiare su cui un individuo può contrare (combinando il numero di parenti stretti come nonni, genitori, figli, fratelli e nipoti e il numero di altri parenti come zii, cugini, suoceri). La presenza, la consistenza e la struttura della rete di persone su cui fare affidamento subiscono cambiamenti innescati dalle trasformazioni demografiche e sociali, spiega l'istituto di ricerca. Così, nel 2016 la dimensione media della rete familiare delle persone da 18 anni in su è stata di 5,4 parenti stretti e di 1,9 altri parenti. Invece, al crescere dell'età corrisponde un aumento del numero medio di parenti stretti, fino a raggiungere una media di 6,3 per gli individui di 75 anni e più, mentre diminuisce per tutte le età in maniera costante il numero medio di altri parenti su cui contare.

 

Un altro capitolo dell'analisi Istat è relativo alla percezione della rete di sostegno sociale, legata al benessere fisico, ma soprattutto al benessere psicologico delle persone. I temi dell'isolamento e della solitudine, potenzialmente comuni a tutte le fasce di età, diventano particolarmente rilevanti per le persone che presentano fragilità dovute a diversi fattori: condizioni di salute, età avanzata, caratteristiche del luogo di residenza, struttura familiare. Una misurazione della percezione del sostegno sociale si basa su un indicatore condiviso a livello europeo, il cosiddetto Overall perceived social support, che sintetizza tre dimensioni: l'estensione della rete di sostegno sociale, il grado di solitudine e di isolamento e la presenza di sostegno pratico del vicinato. Secondo questo indicatore di sostegno, più di un quarto degli individui (27,7 per cento) percepisce un sostegno forte, il 17,2 per cento si sente privo o quasi di sostegno (sostegno debole) mentre oltre la metà degli individui si colloca in una posizione intermedia (55,1 per cento). Nel confronto con l'Unione europea, l'Italia mostra una maggiore fragilità: per tutte le classi di età è più bassa la quota di chi percepisce un sostegno forte (34,1 per cento media Ue) ed è più elevata la quota di chi dichiara una percezione di un sostegno debole (15,5 per cento media Ue). La presenza di una rete familiare estesa, un titolo di studio elevato e l'alto reddito familiare sono visti come fattori protettivi contro la percezione di solitudine e abbandono. Al contrario, le condizioni psicologiche negative, i disturbi depressivi degli individui e la presenza di tre o più malattie croniche sono fattori che aumentano la percezione di un sostegno sociale debole. La maggiore debolezza del sostegno percepito si osserva nelle aree più densamente popolate di tutte le ripartizioni italiane ad eccezione delle Isole, dove le differenze per grado di urbanizzazione si attenuano.

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